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In un anno solo un cambio alla guida delle nove congregazioni e nessuno tra i numeri uno dei dodici consigli. Eppure – scrive oggi il Corriere della Sera – “con il primo anno di pontificato Francesco sta cambiando tutto, nel governo centrale della chiesa. Per avvicinarsi a qualcosa di simile bisogna risalire di quasi mezzo secolo alla Regimini Ecclesiae Universae, la riforma di Paolo VI del 1967″.

E’ vero. Nonostante le voci di rivoluzioni, tabula rasa della vecchia curia che tanti problemi aveva creato a Benedetto XVI, in questi primi dodici mesi e mezzo di pontificato Francesco ha cambiato poco tra i capi delle congregazioni e dei pontifici consigli. Ma sotto, al livello immediatamente successivo, ha creato ben più d’una scossa sismica, i cui effetti hanno fatto discutere a lungo. Non solo, ma è intervenuto sull’economia e sulla segreteria di stato.

UN SOLO CAMBIO ALLA GUIDA DELLE CONGREGAZIONI 

Dei nove prefetti a capo delle congregazioni, il Papa ha sostituito (già a settembre) solamente il numero uno del dicastero del Clero, il cardinale genovese Mauro Piacenza. Formatosi alla scuola dell’arcivescovo conservatore Giuseppe Siri, Piacenza ha subito una deminutio, venendo trasferito alla meno prestigiosa Penitenzieria apostolica, solitamente considerata un “parcheggio” per porporati prossimi alla pensione. Al cardinale genovese non è stato neppure concesso di ultimare il canonico quinquennio alla guida della congregazione. Papa Francesco ha voluto cambiare subito, affidando la congregazione che forma il Clero al diplomatico Beniamino Stella, già a capo della Pontifica accademia ecclesiastica. Piacenza, poi, s’è visto estromettere progressivamente anche dagli altri dicasteri in cui era membro.

LA RIORGANIZZAZIONE DEL SINODO

La seconda nomina che merita una sottolineatura è quella del segretario generale del Sinodo dei vescovi. Sempre a settembre, il Papa ha formalizzato la sostituzione di mons. Nikola Eterovic (mandato a Berlino come nunzio) con il diplomatico di lungo corso Lorenzo Baldisseri, poi creato cardinale lo scorso febbraio. Baldisseri era segretario della Congregazione per i vescovi e segretario del Collegio cardinalizio, ma soprattutto vantava una lunga esperienza come nunzio in Brasile, proprio negli anni in cui Bergoglio coordinava il gruppo di lavoro incaricato della stesura del Documento finale della V Conferenza dell’episcopato latinoamericano di Aparecida. E’ al diplomatico toscano che Francesco ha chiesto di rendere sempre più incisivo e stabile il Sinodo e già il primo banco di prova lo si avrà tra il prossimo ottobre e il 2015, con i due sinodi (straordinario e ordinario) sulla famiglia.

IL CAMBIO IN SEGRETERIA DI STATO

La terza sostituzione (e forse è la più importante, dato il peso dell’incarico, ma al contempo la più scontata) è stata quella del Segretario di Stato. Lo scorso agosto, mons. Pietro Parolin, allora nunzio in Venezuela ma con grande esperienza curiale, fu scelto per prendere il posto di Tarcisio Bertone. Il passaggio di consegne avvenne a metà novembre. Ed è proprio in relazione alla segreteria di Stato che il Pontefice ha operato una riforma che con ogni probabilità sarà messa nero su bianco nella nuova Costituzione apostolica atta a regolamentare il governo vaticano.

IL NUOVO DICASTERO ECONOMICO

Una segreteria di stato che Francesco vuole sempre più attenta alle questioni internazionali piuttosto che alle faccende interne e soprattutto finanziarie. Per questo,eè non è un caso, ha già provveduto a creare ex novo la Segreteria per l’Economia, affidata al cardinale australiano George Pell. Un organismo che lavorerà di concerto con un altro di fresca istituzione, il Consiglio per l’Economia coordinato dal porporato tedesco Reinhard Marx.

LE DECISIVE SOSTITUZIONI ALLA CONGREGAZIONE PER I VESCOVI

Ma se i numeri uno rispetto alla passata gestione ratzingeriana sono quasi tutti rimasti gli stessi (sabato scorso sono stati confermati al loro posto anche i cardinali Jean Louis Tauran, Gianfranco Ravasi e Joao Braz de Aviz), è tra i membri delle congregazioni che bisogna andare a guardare per comprendere la portata del cambiamento. Senza soffermarsi troppo sugli elenchi dei nomi, basta andare a vedere i cambi alla potentissima congregazione per i Vescovi, quella da cui dipendono le nomine dei capi delle diocesi in tre continenti e molte carriere più in generale. Se il prefetto, il canadese Marc Ouellet, è stato confermato, il Papa ha rimosso non solo il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, ma anche il conservatore Raymond Leo Burke, prefetto della Segnatura Apostolica e gran consigliere di Benedetto XVI circa le nomine episcopali negli Stati Uniti. Fautore del pugno duro in difesa dei cosiddetti princìpi non negoziabili, contrario a comunicare i politici abortisti, Burke è stato rimpiazzato dal cardinale Wuerl, arcivescovo di Washington e assai più moderato e flessibile del connazionale.

LA CONFERMA DI MUELLER

Tra le conferme più importanti, poi, merita un posto di rilievo quella del neocardinale Gerhard Ludwig Mueller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede. Il porporato tedesco è stato uno dei primi a essere confermati al suo posto, nonostante da più parti si vociferasse di un imminente cambio della guardia al Sant’Uffizio. Tra le prossime sostituzioni in programma, si dice, c’è quella del prefetto della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, con l’attuale numero uno, il cardinale Antonio Canizares Llovera, pronto al ritorno in Spagna.

Ecco la vera mappa del nuovo potere vaticano forgiato da Papa Francesco

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