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Sul tema del terzo mandato si è detto tutto e il contrario di tutto. E in fondo non è una sorpresa, perché la questione tocca corde delicate: il rapporto tra democrazia e durata del potere, il bilanciamento tra esperienza e rinnovamento, la capacità delle istituzioni di autoriformarsi senza scivolare nell’autoconservazione. Ma ora è giunto il momento che la maggioranza si decida. Perché il balletto va avanti da mesi, è diventato stucchevole, e soprattutto rischia di trasformare una questione seria in un eterno cantiere senza uscita.

Il punto è semplice. Il terzo mandato per i sindaci e per i presidenti di Regione è un’opzione legittima e, in molti casi, anche ragionevole. Certo, c’è un rischio di concentrazione del potere. Ma esiste anche un antidoto: si chiama voto popolare. I cittadini sanno scegliere. E non è vero, come talvolta si suggerisce con malizia, che confermerebbero in automatico chi c’è già. Al contrario, le urne hanno dimostrato di saper promuovere o bocciare con lucidità e talvolta anche con severità.

In questo senso, il paragone con il Quirinale non è fuori luogo. Due volte, in tempi recenti, il Parlamento ha confermato il Presidente della Repubblica in carica: prima Giorgio Napolitano, poi Sergio Mattarella. Risultato: 14 anni consecutivi al Colle. E allora come si può, con serietà, sostenere che dieci anni in una Regione o in un Comune siano troppi per principio? Chi guida bene un’istituzione, chi ha consenso, chi ha visione non dovrebbe essere messo alla porta solo per un automatismo.

Questo non significa che chi vuole mantenere il limite dei due mandati sia fuori strada. Anzi. La posizione di Forza Italia, ad esempio, è coerente con l’idea di una democrazia liberale che guarda con favore al ricambio. Anche questa è una cultura politica: legittima e rispettabile. Il pluralismo serve a questo, a far coesistere sensibilità diverse, senza doverle per forza appiattire.

Ma, proprio per questo, serve una decisione. Il centrodestra governa e ha la responsabilità di chi governa. Tergiversare, rinviare, accennare per poi smentire, annunciare per poi frenare: tutto questo indebolisce la credibilità della coalizione. La domanda è ormai chiara: volete o no cambiare la regola sui mandati? Basta un sì o un no, ma serve adesso.

Perché la vera deriva non è il terzo mandato in sé. La vera deriva è quella del sistema politico che non sa decidere. E che per paura di scontentare qualcuno finisce per non fare nulla. Così si vanifica un ruolo di leadership che invece è essenziale proprio in questa fase di democrazia “liquida”.

Meloni, Tajani e Salvini si organizzino per vedersi o sentirsi quanto prima, anziché perdere tempo con funambolismi parlamentari e poi mettano in un comunicato stampa di tre righe la loro decisione: terzo mandato sì o no.

Volendo, si può fare.

Terzo mandato, decidetevi! La versione di Arditti

La vera deriva non è il terzo mandato in sé. La vera deriva è quella del sistema politico che non sa decidere. E che per paura di scontentare qualcuno finisce per non fare nulla. Così si vanifica un ruolo di leadership che invece è essenziale proprio in questa fase di democrazia “liquida”

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