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“Vuole possedere tutto”, scriveva qualche giorno fa il Financial Times di OpenAI. La startup di Sam Altman vorrebbe avere “dalle app di consumo come le chat e i social network agli strumenti che le aziende utilizzano per creare agenti di intelligenza artificiale”. C’è però un problema o, come afferma più semplicemente il quotidiano finanziario, “una domanda”. Ovvero quanto OpenAI “può realisticamente mordere senza un grave caso di indigestione”. Questo perché l’azienda non soltanto vuole tutto, ma lo vuole anche senza avere sulla carta tutti i mezzi necessari.

Ad esempio, sui chip. Nell’ultimo mese – anche meno – OpenAI ha ordinato semiconduttori da 26 gigawatt da colossi come Nvidia, Amd e Broadcom, pari ad almeno 10 milioni di unità. Che, all’atto pratico, vuol dire investire centinaia di miliardi di dollari, un numero estremamente superiore ai 13 miliardi di dollari fatturati quest’anno. Tanti, tantissimi soldi, ma che non bastano a coprire le spese. Anche perché l’azienda non a scopo di lucro pensa di poter diventare redditizia prima di quattro anni. E allora, da dove potrebbero arrivare i dollari di cui Altman necessita?

Sempre secondo il Financial Times, l’azienda avrebbe racimolato 1 miliardo di dollari nell’ultimo anno. Alcuni arriveranno da quei 100 miliardi che Nvidia ha promesso di investire nel prossimo futuro. Una vera e propria leva finanziaria, non di certo l’unica. Microsoft ha investito 14 miliardi di dollari negli ultimi cinque anni e continuerà a rimpinguare in quelli che verranno. E poi ci sono le partnership. Come quella con Broadcom per sviluppare e distribuire chip, sebbene non sia chiaro a quanto equivalga questo accordo. Quello con CoreWeave, per l’utilizzo di data center dati in dotazione da Nvidia, sono invece 22 miliardi. Ha poi avviato una collaborazione con Amd per sviluppare insieme infrastrutture di elaborazione per l’IA. Per farlo è stata utilizzata una formula del tutto nuova: OpenAI comprerà fino al 10% delle azioni di Amd tramite l’emissione di 160 milioni di warrant, un prodotto finanziario convertibile. Senza dimenticarsi che OpenAI è parte di Stargate, il mega progetto digitale di Donald Trump con cui si vogliono investire 500 miliardi di dollari in infrastrutture tech.

Gli esperti del settore lo chiamano “finanziamento circolare”, e l’impressione è che questi finanziamenti siano davvero un qualcosa di ciclico, che ritorna sempre nello stesso punto. O nelle stesse tasche. Prendiamo ad esempio l’accordo sottoscritto a luglio da OpenAI e Oracle, sempre inerente al progetto Stargate. L’azienda texana offrirà servizi di calcolo e cloud, mentre quella californiana sborserà 300 miliardi entro la fine del decennio. Per farlo però Oracle deve potenziare il suo hardware. E a darglielo sarà Nvidia, grazie all’ordine effettuato da 40 miliardi di dollari in GPU. Così tutti ci rientrano. Nvidia investe in OpenAI, che chiede le infrastrutture per il cloud a Oracle, che paga Nvidia per avere GPU.

Per molti, quella che si sta sviluppando in questo momento storico non è altro che una bolla. Prima o poi, dicono, esploderà. La richiesta di IA è però realistica. Tutti la vogliono, tutti la richiedono. E in questo momento OpenAI non se la sente di respingere qualcuno.

OpenAI pigliatutto. Qualcuno si chiede come

La startup di Sam Altman non intende fermarsi e continua a sparare altissimo per il futuro. All’orizzonte c’è niente meno che l’intenzione di governare la rivoluzione tecnologica, essendo la protagonista principale. Ma c’è chi ha dubbi sulla sua liquidità

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