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Le parole del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, pronunciate durante un’intervista per il Time, sono cariche di significato: “Nessuno crede nella nostra vittoria come me. Nessuno”. Dietro a esse si celano i timori e la rabbia del leader per la perdita di attenzione – per ora più mediatica che politica – verso il conflitto che il suo Paese sta sostenendo contro l’invasore russo. Conflitto che si protrae da oramai 20 mesi, causando vittime militari e civili che si contano a decine (se non a centinaia) di migliaia, e distruggendo il sistema-paese ucraino per via degli scontri feroci che avvengono lungo la linea del fronte e dei bombardamenti contro le infrastrutture e i centri abitati.

Fattori che spiegano l’insofferenza di Zelensky. Il timore è che il supporto all’Ucraina si faccia più tiepido con il passare delle settimane, vuoi per effettiva carenza di risorse, vuoi per un cambiamento di tendenza interno all’opinione pubblica. Soprattutto quella statunitense, principale sponsor di Kyiv in termini di aiuti economici e militari. Un sondaggio promosso dalla Reuters qualche settimana fa fotografa perfettamente la situazione: nel giugno di quest’anno circa il 65% degli intervistati si era dichiarato favorevole all’invio di aiuti a Kyiv; a inizio ottobre, la percentuale è scesa al 41%. Complici in questo calo di popolarità sono sicuramente sia l’escalation mediorientale sia gli esiti della controffensiva estiva, oggetto di fortissime attenzioni mediatiche già da mesi prima del suo inizio, e che adesso sembra destinata ad esaurirsi con l’arrivo dell’inverno senza aver raggiunto obiettivi particolarmente rilevanti.

Lo stesso Zelensky, durante un suo intervento avvenuto nella nottata di martedì 31 ottobre, ha rimarcato come “il mondo moderno si abitui rapidamente al successo”, e che i successi militari ucraini “sono percepiti come una cosa ovvia”. Ma il presidente ucraino continua ad essere fiducioso verso la vittoria finale, che considera come l’unico esito possibile a questo conflitto. Di contro, gli sviluppi della situazione internazionale e di quella militare rendono sempre più consistente la possibilità di un negoziato. Ipotesi ventilata anche da alcuni membri del suo staff, i quali però non possono suggerirla al proprio leader, che si rifiuta di concepire trattative e/o tregue. Almeno per ora.

“Per noi significherebbe lasciare questa ferita aperta per le generazioni future. Forse questo calmerà alcune persone all’interno del nostro Paese e all’esterno, almeno quelle che vogliono chiudere la faccenda ad ogni costo. Ma per me è un problema, perché ci ritroviamo con questa forza esplosiva. Non facciamo altro che ritardare la sua detonazione”, commenta, sempre per il Time, Zelensky.

Un messaggio che il leader ucraino lancia proprio mentre a Washington il congresso statunitense sta discutendo un pacchetto di aiuti, dal valore di 105 milioni di dollari, destinati in parte a Israele e in parte a Kyiv. Il presidente statunitense Joe Biden ha deciso di accorpare in un unico strumento legislativo gli aiuti rivolti alle due nazioni alleate per evitare che un provvedimento esclusivo per l’Ucraina potesse venire silurato dal Partito Repubblicano. Il quale, con l’avvicinarsi delle elezioni del 2024, lavora in modo da riflettere la volontà (ed evitare divisioni interne) del suo elettorato, meno favorevole della controparte democratica ad impiegare risorse nazionali per sostenere un paese straniero. “I contribuenti americani si sono stancati di finanziare un’interminabile situazione di stallo in Ucraina senza alcuna prospettiva di vittoria”, hanno scritto otto senatori del Grand Old Party in una lettera indirizzata al presidente Biden.

I rischi di un taglio degli aiuti sono però concreti. Durante un’audizione in Senato, il segretario alla Difesa Lloyd J. Austin III ha sottolineato le sue preoccupazioni: “Posso garantirvi che senza il nostro sostegno, Vladimir Putin avrà successo. Se gli togliamo il tappeto da sotto i piedi adesso, Putin diventerà solo più forte e riuscirà a fare ciò che vuole, acquisendo il territorio sovrano del suo vicino”.

Al fronte intanto la situazione si fa sempre più difficile. Le forze armate russe continuano ad esercitare una forte pressione su Avdiivka, nella speranza di rompere il fronte ucraino e costringere le forze di Kyiv ha un “riposizionamento”, sinonimo leggermente meno palese del termine “ritirata”. Mentre la verve degli attacchi ucraini nelle regioni meridionali continua a scemare. Mancano gli uomini. Mancano i mezzi. Lo hanno lasciato senza i mezzi per vincere la guerra, ma solo per sopravvivere, dicono dallo staff di Zelensky all’inviato del Time.

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