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“Potrebbero essere guerre che cambiano il sistema globale, come la Prima e la Seconda guerra mondiale, che riflettono e producono grandi cambiamenti nell’ordine internazionale”. Si esprime così, in un commento rilasciato al Los Angeles Times, Fiona Hill, vice assistente del presidente e senior director per gli affari europei e russi al Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, durante l’amministrazione Trump.

Hill si riferisce ai nuovi sviluppi del conflitto israelo-palestinese e alle loro implicazioni sul nuovo ordine internazionale venutosi a creare dal febbraio del 2022, con l’invasione russa dell’Ucraina. L’attacco di Hamas a Israele “è stato una sorta di Pearl Harbor. Ha aperto un secondo fronte”. E davanti a queste sfide, serve uno sforzo alla maniera di Richard Nixon nei confronti di Pechino, scrive l’esperta.

L’accademica britannica naturalizzata statunitense vede emergere due blocchi contrapposti: da una parte gli Stati Uniti con i suoi alleati, dall’altra la Cina, la Russia e l’Iran. E mentre il primo blocco si schiera a favore di Ucraina e Israele, il secondo non lo fa. Anzi. Quella in corso oggi è una guerra non combattuta, perlomeno direttamente, tra due fazioni ben delineate, tanto in Medio Oriente quanto in Europa.

E nel secondo caso c’è da aspettarsi un lungo conflitto, sottolinea Hill. Troppe aspettative sono state poste sulla controffensiva estiva di Kyiv, e il suo mancato raggiungimento di traguardi importanti adesso sarà causa di malumori su entrambe le sponde dell’Atlantico. Per la gioia di Vladimir Putin, che spera di vedere una riduzione nel flusso di aiuti destinato al Paese in guerra con la Russia. Flusso di aiuti che potrebbe addirittura interrompersi più o meno bruscamente in caso di una vittoria di Donald Trump nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2024.

E anche il “secondo fronte” di Gaza impatta in questa direzione. L’escalation in Palestina ha infatti drenato energie e risorse economiche, politiche e mediatiche occidentali dal conflitto ucraino, rendendo più difficile portare avanti il programma di aiuti militari nei confronti di entrambi gli attori vicini agli Stati Uniti.

Un altro focus viene posto da Hill sulla Repubblica popolare cinese, che sia l’amministrazione Trump sia quella guidata da Joe Biden vedono come il principale competitor per gli Stati Uniti. Senza Mosca, Pechino si ritroverebbe isolata da un punto di vista diplomatico, senza avere nessun grande attore come alleato. E lo stesso discorso vale anche per la Russia senza la Cina. È naturale dunque che i due Paesi siano allineati. In questa situazione però “non avremo alcuna speranza di limitare le opzioni della Russia e di far calmare il Medio Oriente se abbiamo un rapporto super-antagonistico con la Cina”, dice Hill, la quale suggerisce “uno sforzo alla Nixon” nei confronti di Pechino.

Suggerimento che non tutti hanno classificato come valido. Tra questi c’è Andrew A. Michta, direttore della Scowcroft Strategy Initiative presso l’Atlantic Council, che in un post su X (ex Twitter) riporta la sua disapprovazione verso l’approccio suggerito dall’esperta: “Ho grande rispetto per il lavoro svolto da Fiona Hill e la considero un’amica, ma l’idea di una seconda apertura alla Cina, simile a quella di Nixon, non è un’idea da prendere in considerazione. Non ci sono più scorciatoie: dobbiamo ricostruire le nostre difese per prepararci a ciò che verrà”. “Pechino è la più grande preoccupazione degli Stati Uniti”, ha osservato Theresa Fallon, a capo del Centre for Russia Europe Asia Studies, aggiungendo che “persino Nixon si pentì della sua apertura alla Cina e sul letto di morte avrebbe detto che ciò aveva creato Frankenstein”.

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