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Caos, rabbia e indecisione. Israele è scossa da impulsi contrastanti, che alternano dolore incontenibile e furia vendicativa, lucidità strategica e collera cieca. Impulsi pronti a dilagare, innescati dalle inaudite, bestiali violenze compiute contro famiglie e bambini da Hamas nel blitz del 7 ottobre. L’esercito di Tel Aviv è ammassato al confine di Gaza e le truppe fremono per avventarsi sulla striscia palestinese, ma i leader politici e militari israeliani sono divisi su tutto. Non solo sul se, ma anche su come e quando invadere Gaza. Un’indecisione che ha tuttavia consentito ai reparti speciali di individuare e eliminare uno ad uno la maggior parte dei vertici e dei comandanti operativi di Hamas.

L’avanzata consentirebbe di penetrare i bunker sotterranei del gruppo terroristico e di neutralizzarne il micidiale potenziale missilistico e offensivo accumulato negli ultimi mesi, col concorso dei pasdaran iraniani. I piani di massima dell’invasione prevedono infatti l’uso massiccio di tecnologie utilizzate per le ricerche di giacimenti minerari e cavità ad elevate profondità, e utilizzano in parte anche rilevatori sismici per captare vibrazioni sotterrane. Una vera e propria caccia all’inferno dei labirinti sotterranei di Hamas, dove sono ammassati razzi, esplosivi ed armi e sono tenuti prigionieri le centinaia di ostaggi catturati nell’efferato assalto di inizio ottobre.

Il “contorno” offensivo della spasmodica corsa ad individuare prima ancora di iniziare l’invasione le tane profonde dei terroristici islamici è rappresentato dai raid dell’aviazione e della marina israeliane che martellano la striscia. Bombardamenti che aumentano esponenzialmente il numero delle vittime soprattutto civili e aggravano ogni giorno di più la catastrofica situazione sanitaria e umanitaria di Gaza. Assieme ai convogli di aiuti e soccorsi la Croce Rossa internazionale ha inviato negli ospedali palestinesi una squadra di chirurghi di guerra e uno specialista in contaminazione di armi.

È la prima volta in questa guerra che gli operatori sanitari della Cri assistono direttamente la popolazione della striscia. In attesa del D-Day e della preannunciata battaglia nelle viscere di Gaza, gli Stati Uniti hanno condotto attacchi aerei nella Siria orientale contro due basi del cosiddetto Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche iraniane e a “gruppi affiliati”. Bombardamenti preventivi compiuti dagli F-16 dell’Air Force Usa, che hanno colpito in particolare un arsenale vicino alla città di Bukamal, compiuti per prevenire ulteriori attacchi alle basi americane nel vicino Iraq, come quelli effettuati nei giorni scorsi dalle milizie filoiraniane.

Il segretario americano alla Difesa Lloyd Austin ha dichiarato al Washington Post che gli “attacchi mirati” sono stati una risposta da una serie di quasi 20 assalti iniziati il ​​17 ottobre, che hanno provocato il ferimento di 21 soldati di una base americana in Iraq”. Per il Pentagono – scrive il New York Times – “l’Iran sta cercando di nascondere le sue responsabilità e mantenere un certo livello di negabilità, e non permettiamo che ciò accada” ha detto un alto funzionario della difesa, che ha aggiunto: “Riteniamo l’Iran responsabile delle azioni dei gruppi che addestra ed equipaggia”. Washington, Nato ed Europa seguono con preoccupazione l’evolversi del conflitto.

Nelle ultime ore preoccupano le ulteriori iniziative offensive, palesi ed occulte, affidate all’intelligence, che potrebbero scaturire dal vertice a Mosca fra esponenti di Hamas, Hezbollah e gli apparati russi. Nonostante la sbandierata “mediazione” di Putin per la liberazione degli ostaggi, il ruolo del Cremlino sta perdendo rapidamente ogni apparenza della proclamata neutralità per calarsi invece in quello di regista effettivo dell’esplosione del conflitto in Medioriente.

Ecco i piani dell’assalto a Gaza e il ruolo di Mosca e Teheran

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