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Una giornata con Roberto Giachetti

Roberto Giachetti e Maria Elena Boschi

Oggi la chiusura della campagna elettorale al Ponte della Musica, l’infrastruttura voluta da Walter Veltroni per unire la zona del Foro Italico e degli impianti sportivi con quella della cultura rappresentata dall’Auditorium di Renzo Piano. “Il simbolo di una città che può e che deve essere ricucita“, dice Roberto Giachetti, ieri protagonista del suo ultimo tour per Roma dopo un viaggio durato – compresa la sfida delle primarie – ben cinque mesi.

In giro tra un quartiere e l’altro a bordo del suo scooter, a rappresentare anche plasticamente il tentativo di rincorsa che ha caratterizzato il suo impegno alle elezioni capitoline. Giachetti lo fa capire quando incontra un gruppo di cittadini in uno spazio culturale del quartiere di Montesacro: “Secondo i pronostici saremmo dovuti arrivare quarti ma adesso invece ce la giochiamo in finale“. Un concetto ribadito anche dal presidente del Pd e commissario romano Matteo Orfini: “Ci davano quarti e siamo arrivati secondi al primo turno e siamo al ballottaggi. Ora cerchiamo di completare la rimonta“.

In fondo quasi un modo per dire che – date le premesse di partenza con Mafia Capitale e il fallimento di Ignazio Marino – quello ottenuto può essere già considerato un risultato positivo. A questo punto l’obiettivo principale – ragionano in molti nel Pd – è evitare che l’eventuale vittoria di Virginia Raggi sia troppo larga. Giocarsela fino alla fine e salvare il salvabile per poi ricostruire il partito romano. Nessuno lo ammette ufficialmente ma ufficiosamente lo pensano in molti. Non i volontari e i militanti però, che continuano a credere nel miracolo e a sostenere la corsa di Giachetti ovunque si presenti con il suo scooter.

Un bel pezzo del partito – non quello di Massimo D’Alema ovviamente – è convinto che il valore aggiunto della campagna elettorale del Pd sia stato proprio rappresentato da Giachetti senza il quale – commentano – “non saremmo neppure arrivati al ballottaggio“. Lo spettro dell’ex presidente del Consiglio, però, è ininterrottamente presente nei ragionamenti delle retrovie e nelle domande dei giornalisti. “Ha smentito tutto, voterà Giachetti“, cerca di tamponare Orfini. “So cosa pensa di me ma non mi interessa cosa voterà. L’importante è che mi scelgano i romani“, commenta più realisticamente il candidato sindaco. D’altronde più passano le ore e più emerge la veridicità del retroscena raccontato da Repubblica nei giorni scorsi: oggi ad esempio – sempre al quotidiano diretto da Mario Calabresilo storico dell’arte Tomaso Montanari ha confermato di aver parlato con D’Alema, il quale gli avrebbe consigliato di accettare la proposta di Virginia Raggi – da lui però rifiutata – di entrare nell’eventuale giunta dei cinquestelle come assessore alla Cultura.

Per una parte del Pd che forse lo ha abbandonato – ma non Gianni Cuperlo che ieri su Facebook ha fatto un appello a votarlo – ce n’è comunque un’altra, almeno apparentemente maggioritaria, che nelle ultime ore si è stretta intorno a Giachetti in modo ancora più forte. Instacabilmente accompagnato dai suoi principali collaboratori – il coordinatore della campagna elettorale Luciano Nobili e i giovani esponenti del Pd romano Marco Cappa e Andrea Casu – il vicepresidente della Camera ha passato il penultimo giorno della sua corsa capitolina in compagnia di figure di primo piano a livello nazionale e locale. Non solo Orfini ma soprattutto alcuni dei principali esponenti del governo di Matteo Renzi.

Nel pomeriggio – dopo Montesacro – si è spostato a Casal Monastero, estrema periferia nordest della Capitale per incontrare il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. Non un appuntamento casuale il loro: in questa località per molti sconosciuta dovrebbe terminare il prolungamento della metro B di Roma. Il condizionale è d’obbligo perchè a 4 anni abbondanti dall’aggiudicazione dell’appalto nulla ancora si è mosso e soprattutto perchè non è detto che Virginia Raggi – in caso di vittoria – voglia andare avanti con l’opera. Che serva e che si debba fare per Delrio non c’è discussione: “Abbiate fiducia in questo sindaco che potrà fare davvero bene per questa città. Tutti i cittadini penseranno che si possa trattare di una promessa elettorale ma non è così. In Italia per fare ogni cosa ci vogliono trent’anni, è una guerra. Il prolungamento della metro B si può fare abbandonando alcune cubature impossibili“.

Del resto la presunta vocazione al no della candidata grillina è uno degli argomenti su cui Giachetti ha insistito di più nel corso dell’ultimo scorcio della sua campagna elettorale. Un concetto che il candidato Pd ha ribadito anche nel tardo pomeriggio al suo comitato elettorale in un incontro con il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Cagliari – rieletto al primo turno – Massimo Zedda: entrambi esempio di come i rapporti con la cosiddetta “sinistra sinistra” possano funzionare e non tradursi necessariamente in uno scontro, a differenza di quanto avvenuto a Roma con Stefano Fassina.

In serata poi l’evento più atteso con la visita di Maria Elena Boschi, che nel pomeriggio aveva invece fatto voltantinaggio pro Giachetti all’Eur. Il ministro per le Riforme Costituzionali invita tutti all’ultimo sforzo per convincere gli indecisi: “Serve l’ultima fatica mancano poche ore. Dobbiamo stare fissi al telefono per contattare tutti, dagli ex compagni alle ex fidanzate“. Poi – a voler dare l’esempio in modo simbolico – Boschi e Giachetti si sono messi materialmente al telefono a contattare gli elettori. L’estremo tentativo di riuscire nel miracolo.

 

 

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