Skip to main content

Nelle scorse ora è stata confermata la prevista visita a Washington del responsabile diplomatico ministro degli Esteri cinese Wang Yi, che avrà luogo tra il 26 e il 28 di questo mese. Durante la sua permanenza nella capitale statunitense il plenipotenziario cinese si incontrerà con il Segretario di Stato Antony Blinken e con il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan. Non è ancora chiaro se Wang avrà occasione di incontrare anche il presidente Joe Biden.

Secondo una nota rilasciata dall’ufficio del Dipartimento di Stato, il segretario Blinken e il direttore Wang discuteranno di una serie di questioni bilaterali, regionali e globali nell’ambito degli sforzi in corso per gestire responsabilmente le relazioni tra Stati Uniti e Cina e per mantenere aperti i canali di comunicazione. Gli Stati Uniti continueranno a usare la diplomazia per promuovere gli interessi e i valori statunitensi, affrontare le aree di differenza e fare progressi nelle sfide transnazionali condivise.

Numerosi dunque i temi di discussione: partendo dalle questioni del Mar Cinese Meridionale e dalle preoccupazioni per Taiwan, fino all’escalation in corso in Medio Oriente, dove sarà interessante osservare se Cina e Stati Uniti riusciranno a trovare un terreno comune per affrontare la situazione partendo dai fattori chiave che includono l’interesse comune a prevenire ulteriori escalation e ad affrontare la crisi umanitaria nella striscia di Gaza. Le aspettative al riguardo rimangono tuttavia relativamente basse.

“Se vogliamo continuare a gestire queste relazioni e la nostra competizione in modo responsabile, se vogliamo davvero ridurre al minimo il rischio di errori di calcolo che potrebbero sfociare in un conflitto, dobbiamo aprire completamente i nostri legami militari”, ha detto in forma anonima un alto funzionario del dipartimento di Stato di Washington. “Negli ultimi due mesi ci sono stati alcuni impegni sporadici tra le nostre due strutture di difesa, ma abbiamo bisogno di un dialogo militare sostenuto e di canali di comunicazione. E questi non sono ancora stati stabiliti, ma posso assicurarvi che saranno all’ordine del giorno della visita di Wang Yi”.

La visita di Wang appena confermata, di per sé una tappa importante all’interno dello sforzo di riavvicinamento in corso tra Pechino e Washington, viene vista come un preludio al tanto conclamato summit bilaterale tra Biden e il segretario del Partito Comunista Cinese Xi Jinping, incontro che potrebbe avvenire a margine dell’Asia-Pacific Economic Cooperation summit previsto tra il 15 e il 17 novembre. Data l’incombente possibilità di uno shutdown del governo statunitense, con l’attuale scadenza fissata al 17 novembre, la probabilità che un incontro si svolga prima del vertice sembra più alta di quella che si svolga dopo il vertice.

Le aspettative su questo incontro sono piuttosto incerte. In un commento per Formiche.net, il docente di Harvard Robert Ross ha ribadito che un bilaterale tra Xi e Biden sarebbe soltanto un “atto diplomatico” volto a trasmettere un’immagine cooperativa al mondo, quando in realtà non ci sono gli estremi per mettere in atto una vera e propria collaborazione, a causa degli interessi contrastanti tra le due potenze.

Wang Yi va a Washington. Incontro Biden-Xi sempre più vicino

Il viaggio ufficiale di Wang Yi a Washington viene interpretato come una tappa preparatoria per l’incontro faccia a faccia tra i leader di Cina e Stati Uniti nelle prossime settimane. Numerosi i temi sul piatto

Il ricatto del gas russo è quasi finito. Il punto di Villa (Ispi)

Nel giro di un solo anno, il nostro Paese è passato da pagare 13 miliardi di euro a Mosca per il suo gas, a soli 2 miliardi. Putin ora ha 11 miliardi in meno a disposizione per finanziare l’invasione dell’Ucraina

L’Italia può avere un ruolo cruciale nei Balcani. Scrive l’amb. Castellaneta

Il nostro Paese, anche per le millenarie comuni radici storiche e culturali, e l’Unione europea tutta dovrebbero cercare di agevolare il più possibile l’ingresso dei Paesi candidati. Il commento di Giovanni Castellaneta, già consigliere diplomatico a Palazzo Chigi e ambasciatore negli Stati Uniti

Giorgia Meloni piace e la destra c'entra poco. L'esempio delle amministrative

Perché il vento che soffia sul Vecchio continente sembra voltare le spalle a Vox in Spagna, al PiS in Polonia e presumibilmente ai Tories in Gran Bretagna, mentre qui da noi Giorgia Meloni viaggia a gonfie vele?

Dalla Finlandia al Mar Cinese, Pechino vuole il dominio sottomarino

La Cina sta aumentando le sua attività underwater. Dai cavi internet alle varie connessioni sottomarine, per Pechino è parte della competizione con gli Stati Uniti interessarsi a ciò che accade tra i fondali del mondo

Stoccolma è quasi nella Nato. Arriva l'ok di Ankara

Il leader turco firma il disegno di legge, che ora dev’essere ratificato dal parlamento. Oramai soltanto Budapest divide Stoccolma dall’Alleanza Atlantica

Argentina, sarà ballottaggio tra chi vuole il dollaro e chi punta a ricostruire la patria

Le presidenziali si decideranno tra un mese, il 19 novembre, in un contesto molto frammentato. Ecco i programmi dei candidati, tra larghe intese e chiusura della Banca centrale, e le reazioni del voto di domenica

Pechino contro Foxconn: nazionalismo, coercizione, Taiwan. Ecco cosa c’è dietro

Le autorità cinesi si sono imbarcate in una crociata di controlli sull’azienda taiwanese. È l’ultimo esempio della stretta anti-spioni di Xi, che riguarda realtà sia nazionali che estere e continua a spaventare gli investitori esteri. Ma c’entra anche il fatto che il Ceo di Foxconn sia in lizza per le elezioni taiwanesi

Usa-Cina, per Ross (Harvard) nemmeno un summit Biden-Xi migliorerebbe le relazioni

Il docente di Harvard disegna la mappa delle relazioni tra Stati Uniti e Cina. La competizione cresce senza guardrail per contenerla, come dimostra l’aumento del ruolo cinese in Medio Oriente. E nemmeno un vertice Biden-Xi potrebbe migliorare profondamente i rapporti

La manovra ha convinto mercati e S&P, ma sul debito non ci siamo. Parla Giampaolo Galli

Intervista all’economista e direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica. Ridurre il costo del lavoro è stata la scelta più giusta, ma attenzione a crogiolarsi sugli allori e alla differente percezione dei problemi del Paese che c’è tra mercati e agenzie di rating. Lo spread, al momento, non preoccupa ma sul debito serviva più coraggio

×

Iscriviti alla newsletter