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Diventando sempre più Paese-chiave anche nell’Indo Pacifico, oltre che nei Balcani orientali, ecco che il ruolo dell’Italia diventa essenziale per la sua proiezione futura. Alla base di questo assunto, che Carlo Pelanda, professore di Economia e politica economica, Università Guglielmo Marconi di Roma e membro dell’Oxford institute of economic policy, affida a Formiche.net alla vigilia dell’uscita del suo pamphlet “L’Italia globale” per Rubbettino, ecco che la continuazione del sostegno di Roma a Kyiv, così come a Granada hanno annunciato Giorgia Meloni e Volodymyr Zelensky, è passaggio naturale oltre che estremamente fisiologico.

Il presidente del Consiglio rinnova il sostegno a 360 gradi verso l’Ucraina, dopo che il ministro della Difesa ha chiesto di valutare le nostre scorte: come procedere dunque?

Vi sono delle armi sdoganate e armi, come i missili Taurus, che i tedeschi forse non vogliono dare all’Ucraina. Partirei dalla posizione estremamente convergente e amichevole da parte di Meloni, con una specie di appello alla calma del ministro Crosetto. Osservo che abbiamo a disposizione parecchi carri armati Ariete, che sono abbastanza buoni e che con un po’ di aggiornamenti tecnologici potrebbero essere dati all’Ucraina. In una guerra di missione terrestre come questa, gli Ariete avrebbero un certo rilievo. Quelle parole potrebbero essere anche parte di una combinazione tra Meloni e Crosetto, dove quest’ultimo fondamentalmente aumenta il valore della visione politica di forte sostegno all’Ucraina dicendo che l’Italia sta facendo sacrifici. Se fossi un consigliere, così come sono stato in passato, del ministro della Difesa, gli avrei suggerito esattamente questo: rendere più rilevante quello che vogliamo dare. Osservo che l’interesse nazionale italiano è di avere molto più peso non solo nei Balcani occidentali ma in quelli orientali. Inoltre il tema è connesso alla partita del grano.

In che misura?

Tutto questo grano che l’Ucraina ha, se si riuscisse a inviarlo in Africa, sicuramente diventerebbe un asset interessante anche per l’Italia. Del tema hanno discusso Meloni e Zelensky. Sul piano politico geopolitico sicuramente la Meloni deve manifestare una convergenza al 100% con l’Ucraina, anche perché in un momento in cui alcuni degli alleati sono stufi, il rafforzamento della postura di Roma è molto utile. Ricordo che il colpo maggiore al sostegno all’Ucraina è venuto dalla posizione dei repubblicani americani: il compromesso è stato fatto togliendo 6 miliardi di aiuti all’Ucraina.

Con quali conseguenze?

È stata una mossa molto pericolosa che rende più importante il sostegno europeo: mi riferisco ai britannici che stanno mandando personale militare in Ucraina per provvedere a un addestramento evoluto, passaggio molto significativo in particolare per le truppe speciali che fanno penetrazione. Ma Germania e Francia sono un po’ timide nei confronti dell’Ucraina, quindi in un gioco che interessa l’Italia, ecco che il nostro costante sostegno a 360 gradi diventa fondamentale, anche perché questa posizione ci permette poi, nei colloqui riservati, di calibrare meglio rispetto alla timidezza degli altri. Quella assunta dalla Meloni è una posizione intelligente e dimostra che il premier ha compreso il portato complessivo della situazione. Ma non è tutto.

Ovvero?

Non c’è solo l’Ucraina sul tavolo di Granada, bensì il dossier migranti: nessuna nazione europea ha intenzione di aprire la migrazione secondaria e l’Italia resterà sola perché gli altri Paesi non hanno consenso interno per cambiare. Ma è la Francia, più della Germania, il vero malato d’Europa, per cui un maggiore presidio navale delle rotte del Mediterraneo verso Grecia, Italia e Spagna permetterà all’Italia di non essere accusata di essere l’unica a fare una politica disumana.

Ucraina, Global South, Piano Mattei: come il governo sta intrecciando questi tre fronti geopolitici?

L’Italia non può contare molto sull’Unione europea e quindi non deve litigare con l’Ue ma ottenere qualcosina e fare i propri interessi nazionali. Sta cominciando a diventare un potere di riferimento per i Balcani non solo occidentali ma anche per quelli orientali: per questa ragione l’Ucraina resta comunque un riferimento importante anche per la sua posizione con gli Stati Uniti e con il Regno Unito, per lo meno fino alle prossime elezioni americane del novembre 2024. Quindi, se l’Italia è affidabile come potenza nell’ambito delle alleanze delle democrazie, questo è un grosso vantaggio per Roma e per il governo Meloni. Ogni azione unilaterale ha bisogno di un ombrello multilaterale più selettivo. Poi è chiaro che servirebbe più tranquillità nel governo italiano, c’è bisogno di un maggiore coordinamento intergovernativo in un momento in cui il premier sta giocando una partita davvero interessante: diventando sempre più Paese-chiave anche nell’Indo Pacifico, oltre che nei Balcani orientali, ecco che l’Italia si ritaglia un ruolo essenziale per il futuro. La nostra capacità di essere un Paese globale è di vitale importanza e ciò va riconosciuto, al di là delle simpatie verso questo governo.

Accanto all'Ucraina, il ruolo globale dell'Italia raccontato da Pelanda

“Diventando sempre più Paese-chiave anche nell’Indo Pacifico, oltre che nei Balcani orientali, ecco che l’Italia si ritaglia un ruolo essenziale per il futuro”. Conversazione con Carlo Pelanda, professore di Economia e politica economica, Università Guglielmo Marconi di Roma e membro dell’Oxford institute of economic policy

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