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Una serie di bombe è esplosa questa mattina a Taiyuan nella Cina settentrionale, provocando almeno un morto e otto feriti, di cui uno grave, di fronte agli uffici locali del Partito comunista. Secondo quanto riportato dall’agenzia governativa Xinhua si tratterebbe di ordigni artigianali, posizionati nelle fioriere davanti all’entrata principale della sede del Pcc, nel capoluogo provinciale dello Shanxi.

Secondo le ricostruzioni, le bombe sarebbero esplose alle 7:40 ora locale, più o meno mezzanotte e mezza in Italia. Testimoni oculari parlano inoltre di un furgoncino fatto saltare in aria da un piccola bomba, pochi secondi dopo le prime esplosioni.

Sul luogo delle esplosioni – sette o otto a seconda delle testimonianze – sono state ritrovate sfere di metallo e circuiti, spiega ancora Xinhua, secondo cui gli ordigni sarebbero stati nascosti nel complesso dove si trovano gli uffici del partito. La televisione di Stato CCTV riferisce di almeno una ventina di auto danneggiate.

Le immagini che circolano in rete mostrano una colonna di fumo davanti all’edificio, la portiera di un taxi raggiunta da una delle sfere di metallo, una persona distesa a terra, funzionari che fanno vedere i cuscinetti metallici raccolti.

Le ragioni dell’attacco sono finora sconosciute. A maggio del 2011 una serie di esplosioni in un ufficio governativo di Fuzhou, nella Cina orientale, provocò tre morti, compreso il presunto attentatore, un disoccupato. Sempre nello stesso mese un ex impiegato di banca nella provincia del Gansu lanciò una bottiglia bomba all’interno dell’istituto da cui era stato licenziato. Mentre a luglio del 2010, un imprenditore mise un ordigno in un ufficio del fisco dello Hunan, provocando 4 morti e 20 feriti.

Per la vicenda di Taiyuan, il South China Morning Post di Hong Kong, ricorda le ricchezze minerarie dello Shanxi e le disuguaglianze tra i ricchi imprenditori nel settore delle miniere e i gli operai. L’attentato rimanda inoltre al suv che lo scorso 28 ottobre si schiantò ed esplose a piazza Tian’anmen a Pechino, provocando cinque morti, tra cui i tre passeggeri, un uomo di origine uigura, assieme alla moglie e alla madre.

Per Pechino si è trattato di un attentato legato al separatismo uiguro, popolazione turcofona e musulmana che abita l’estrema regione occidentale dello Xinjiang, ai confini dell’Asia Centrale. Secondo quanto trapelato in questi giorni, si sarebbe trattato di una vendetta per la sparizione di un parente dopo le violenze settarie del luglio 2009 e la morte di un fratello in un incidente stradale nel quale sarebbe coinvolto un uomo han, il gruppo etnico maggioritario nella Repubblica popolare.

E sabato si aprirà a Pechino il terzo plenum del diciottesimo comitato centrale del Partito comunista. Un appuntamento sensibile, nell’ottica della dirigenza cinese, durante il quale la dirigenza del partito auspica che l’armonia sociale non venga turbata.

L’agenda dei lavori prevede riforme economiche e sociali che dovrebbero toccare alcuni dei nodi chiave della Cina contemporanea: la gestione delle società statali, maggiore apertura al mercato, la riforma della terra, temi sociali come il welfare e l’hukou, il certificato di residenza che lega servizi e diritti al luogo in nascita. Secondo alcuni analisti il conclave del Partito comunista darà la linea su quale modello il Paese seguirà nel prossimo decennio.

Dovrà inoltre riempire di contenuti lo slogan ancora vago del sogno cinese, per capire l’impronta che darà il presidente Xi Jinping.

Cina, ecco le bombe che fanno paura al regime

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