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Caro Direttore,

come sono lontani i tempi in cui l’Umberto e il Roberto muovevano i primi passi della loro avventura politica attaccando manifesti abusivi che inneggiavano all’indipendenza del Nord, prendevano pure le botte ma ostinatamente andavano avanti. Ne hanno fatta di strada insieme. Ma la politica, dicono, logora i rapporti personali e il potere ancora di più. Già, perché da quel tempo, occorre riconoscere che la Lega, da movimento popolare di protesta contro il centralismo romano, ne ha fatta di strada: da Varese è giunta persino a Roma, città capace di omogeneizzare anche i casti e puri barbari padani.

Dopo manette, mortadelle e champagne in Parlamento, i due vecchi amici si sono ritrovati in casa Belsito, la Rosy Mauro vicepresidente del Senato, un presidente del consiglio regionale lombardo, Davide Boni inquisito, peraltro in compagnia di molti altri colleghi. Infine il giovane, intellettuale con tanto di laurea albanese, Renzo, ribattezzato “Trota” dal padre che, almeno in questo, ha saputo dimostrare lucidità e visione. L’anno scorso, in una serata primaverile in quel di Bergamo, a colpi di scopa e al grido di “chi sbaglia paga”, la successione: Maroni viene acclamato nuovo leader, mentre il vecchio e malato Umberto, commosso, recitando il mea culpa, gli consegna di fatto il testimone, accontentandosi di mantenere “solo” alcuni privilegi. Tradotti in soldoni, si scopre oggi che quei benefit ammonterebbero a circa un milione di euro l’anno…

Viviamo in tempi difficili, la crisi investe anche i partiti ed è sempre più arduo far quadrare i conti. Così il consiglio federale leghista ha deciso il taglio delle spese non collegate all’attività politica del movimento”. Per il Senatùr in gabbia, già ferito nell’orgoglio, è una mazzata, considerando altresì che parte di quel appannaggio era destinata alla scuola privata della moglie ed a segretarie ed assistenti personali.

Troppo duro il colpo, ma il vecchio leone, sebbene acciaccato dall’età e dai malanni, reagisce. Rilascia interviste, fioccano le accuse, gli insulti e le ripicche. “Devo ricostruire la Lega, l’hanno distrutta” ed ancora “aspetto il Congresso, mi candiderò prima che non resti più nulla della Lega” sono i toni più morbidi usati dall’Umberto. Sa di poter contare ancora, di godere di quel carisma rude e efficace nei confronti del popolo leghista della vecchia guardia. Il “civilizzato” Maroni e il fido Matteo Salvini dovranno sudare h24 per fronteggiare il vecchio leader.

Tuttavia il dubbio rimane: trattasi di uno scontro sugli ideali e la gestione del partito, oppure il tutto si riconduce a una diatriba per questioni economiche? Di certo, il “C’eravamo tanto amati” è il titolo ideale per il romanzo leghista che pare giunto a questo desolante e patetico capitolo finale.

Pontida 2013, gli interventi di Bossi e Maroni (fonte video: Il Fatto Quotidiano)

Bossi e Maroni s'erano tanto amati

Caro Direttore, come sono lontani i tempi in cui l’Umberto e il Roberto muovevano i primi passi della loro avventura politica attaccando manifesti abusivi che inneggiavano all’indipendenza del Nord, prendevano pure le botte ma ostinatamente andavano avanti. Ne hanno fatta di strada insieme. Ma la politica, dicono, logora i rapporti personali e il potere ancora di più. Già, perché da…

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