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Guglielmo Epifani eletto a larga maggioranza (oltre 85% dei votanti) a segretario traghettatore del Pd, con l’impegno di celebrare il congresso del partito entro ottobre; manifestazione del Pdl a Brescia con la contestata partecipazione dei ministri Angelino Alfano, Maurizio Lupi e Gaetano Quagliariello e la violenza di qualche cerebroleso appartenente ai gruppi dell’estrema sinistra; reiterata polemica tra il comico genovese, capo del M5s e il presidente del Consiglio Enrico Letta : questi i fatti politici più rilevanti della trascorsa settimana.

Da essi traiamo qualche interrogativo: sino a quando reggerà il governo all’urto contrapposto delle anime inquiete interne delle due maggiori formazioni politiche? Sino a quando resisterà lo stagionato Epifani al desiderio di rottura dell’alleanza delle varie Rosy Bindi, Laura Puppato con il sostegno dei Giuseppe Civati e quello dei rancorosi prodiani alla ricerca permanente di rivincita ?

Sino a quando durerà la contraddittoria condizione personale del Cavaliere, imputato permanente di una giustizia che lo perseguita da vent’anni, da Milano giù per diverse procure dell’Italia, sino a farne l’uomo più indagato di tutta la storia del nostro Paese?

Sino a quando potrà continuare la qualunquistica contestazione di un capataz populista esterno ed estraneo alle istituzioni, anche se leader di un movimento largamente sostenuto dall’elettorato e fortemente presente nel Parlamento italiano?

In definitiva, sino a quando potrà resistere un Paese al collasso politico, culturale, istituzionale, economico e sociale nel quale, dalle prime isolate manifestazioni romane di violenza verbale contro Franceschini e la Polverini a quelle più rischiose di piazza a Brescia di ieri, sembra avvicinarsi pericolosamente a uno scontro che sembra riportarlo agli anni più oscuri della contestazione anni ’70?

Il difficilissimo e precario equilibrio raggiunto con la formazione del governo Letta-Alfano, sconta inevitabilmente la condizione di imputato – condannato in attesa della sentenza finale di Berlusconi. Nonostante l’assicurazione da lui fornita ieri nel suo comizio di Brescia circa il mantenimento del sostegno al governo, è evidente che un’inopportuna partecipazione come quella del ministro degli interni a una manifestazione di replica alla sentenza annunciata del tribunale di Milano, non aiuta il governo.

Anche ieri il Cavaliere è ritornato sui suoi cavalli di battaglia contro la magistratura militante: responsabilità civile dei giudici, già sancita da un referendum a larghissimo sostegno popolare poi disattesa; la separazione delle carriere tra PM e giudici per garantire l’assoluta terzietà nei giudizi. Tesi largamente condivise dalla maggioranza degli italiani che, solo una fortissima corporazione come quella dei magistrati capace di influenzare trasversalmente molti partiti, ha sin qui impedito di realizzarsi.

In attesa delle sentenze definitive e, mentre, continuano, come nel caso degli inquirenti napoletani, ad aumentare i casi giudiziari del Cavaliere, è evidente che la situazione politica italiana non può continuare a dover fare i conti con tale permanente condizione del leader del centro-destra.

Più la magistratura si accanisce contro Berlusconi e più si consolida il consenso elettorale di un leader che, ogni giorno di più, finisce con l’assumere toni e atteggiamenti populistici di stampo peronista contro i quali sta scattando una reazione violenta di alcuni esagitati di sinistra che non annuncia nulla di buono.

Una soluzione politica e istituzionale dovrebbe essere trovata dal presidente della Repubblica, facilitata dalla presenza di un governo di larghe intese, sorto proprio con il compito di superare il ventennio della contrapposizione priva del riconoscimento della reciproca legittimità.

Non ci spaventa lo scontro tra un governo di emergenza e una minoranza di grillini e di ondivaghi sinistri vendoliani, quanto lo scenario sperato da chi, come qualcuno nel Pd sta evocando, di un equilibrio fondato su un nuovo asse Pd-Grillo-Sel e il suggello di un Rodotà (tà-tà) Presidente al supremo colle, che creerebbe, quello sì, una frattura e uno scontro nel Paese dagli esiti difficilmente ipotizzabili, ma, sicuramente gravissimi e letali per la democrazia.

Ecco perché ci auguriamo che Epifani sappia guidare con saggezza e lungimiranza il suo partito; che si trovi una soluzione politica a breve per Berlusconi; che il governo Letta-Alfano possa attuare le riforme promesse e creare le condizioni per poter svolgere le prossime elezioni in condizioni di assoluta normalità democratica.

Ed ecco perché ci auguriamo che, al più presto, i tentativi messi in campo da Gianni Fontana e altri amici dell’area democristiana sappiano ricomporre l’area dei “liberi e forti” in grado di concorrere con quanti disponibili alla costruzione della sezione italiana del Ppe.

La politica trovi una soluzione alla crisi istituzionale

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