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L’offensiva russa contro Odessa prosegue imperterrita. Per la terza notte di seguito le infrastrutture portuali della località ucraina, così come quelle della vicina Mykolaiv, sono state bersagliate dai missili e dai droni di Mosca. L’escalation che segue il ritiro della Russia dalla Black Sea Grain Initiative (Bsgi), sancendo de facto la morte della stessa, non riguarda soltanto la dimensione militare. Contemporaneamente all’annuncio del ritiro è iniziata la nuova campagna della mastodontica macchina di propaganda del Cremlino, impegnata a combattere una guerra iniziata molto prima del Febbraio 2022: quella dell’informazione.

L’intento di questa operazione è chiaro. Proponendo in contrapposizione alla versione mainstream dell’Occidente una sua narrativa multilivello, che spazia dalla grand strategy al singolo evento specifico, Mosca intende guadagnarsi sostegno e simpatia tanto delle leadership quanto delle popolazioni straniere, instillando in loro un’avversione verso l’Occidente capitalista e autoriferito.

Nel caso specifico della Bsgi, lo scopo che guida le azioni della Russia è il convincere l’audience mondiale, e soprattutto quella dei paesi più bisognosi di importare prodotti cerealicoli dal bassopiano sarmatico, che l’Occidente è l’unico vero responsabile della situazione in cui essi versano.

E poiché in una guerra ogni strumento è lecito, Mosca non esita a diffondere notizie non veritiere o appositamente rimaneggiate per promuovere i suoi scopi. La versione araba di Russia Today (testata internazionale sponsorizzata dal Cremlino) rappresenta un esempio lampante di questo approccio: nelle stesse ore in cui la Russia si ritirava dall’accordo sul grano, il sito di informazione filo-russa ha diffuso la notizia per cui soltanto il 3% del quantitativo di grano esportato sotto l’egida della Bsgi sarebbe arrivato ai paesi più bisognosi. Un’informazione doppiamente menzognera, che fornisce una visione incompleta alternata a dati falsi.

L’obiettivo principale dell’accordo sul grano non era infatti quello di far arrivare direttamente i rifornimenti di cereale nei porti di determinati paesi quanto quello di garantire nuovamente l’afflusso di grano ucraino sul mercato globale, provocando così un dietrofront nei rincari verificatisi in seguito all’invasione russa, rincari le cui conseguenze si erano abbattute principalmente sui paesi in via di sviluppo. Un’operazione coronata da un discreto successo, considerando la riduzione del 23% registrata sui prezzi dei beni alimentari a livello globale.

Un trend che sembra essersi già invertito, come dimostrano i dati sull’aumento dei prezzi del grano e del frumento registrato in seguito al ritiro di Mosca dall’accordo.

Inoltre, anche le percentuali fornite da Russia Today risultano non veritiere. Le statistiche ufficiali delle Nazioni Unite mostrano infatti che il 57% delle esportazioni totali avvenute all’interno della Bsgi sono arrivate direttamente ai paesi in via di sviluppo, con i paesi afferenti alle fasce più deboli che hanno ricevuto il 20% delle quantità sopra menzionate. Con lo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres che denota come l’abbandono dell’accordo sul grano rappresenti di fatto “la fine di un’ancora di salvezza per centinaia di milioni di persone in tutto il mondo”.

Questo genere di notizie rappresenta soltanto la pars destruens dell’approccio russo all’information warfare, a cui si accompagna una pars construens altrettanto efficace. Significativa a questo riguardo è la dichiarazione rilasciata dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, che all’indomani del ritiro di Mosca dal Bsgi ha affermato come la Russia “sia pronta a sostituire gratuitamente le forniture di grano ucraino ai paesi che ne hanno bisogno”. Una mossa che lascia trasparire come la Russia sia interessata al benessere della popolazione mondiale molto più dell’Occidente “responsabile della fine dell’accordo sul grano”. Ma che non evidenzia i vantaggi economici conseguenti per il paese slavo, come il rincaro del prezzo del grano prodotto nella Federazione.

Un gioco di omissione e manomissione, che nonostante i tentativi di contrasto, continua a promuovere la reputazione diplomatica di Mosca nel mondo, facilitandone così la sua power projection.

Peskov

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