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Un vecchio adagio recita, chi è causa del suo male, pianga se stesso. Però se a piangere sono gli altri, allora il detto non vale più. Succede con la Cina, primo finanziatore globale delle economie più fragili. Come raccontato da diversi mesi da questa testata, il Dragone sta mancando l’appuntamento con la crescita: pochi consumi, prezzi depressi, scarsa domanda di credito alle banche. E per queste ultime sono dolori, tra tassi bassi che non garantiscono un buon ritorno dei prestiti e calo delle richieste di mutui. Insomma, la Cina ha un problema e il problema sono le banche.

Le quali sono a loro volta tra i maggiori creditori di molti governi africani. Soldi prestati per costruire strade, ponti, ferrovie ma con clausole a dir poco vessatorie. Più volte l’Occidente, attraverso l’altro grande finanziatore dei Paesi in via di sviluppo, il Fondo monetario internazionale, ha chiesto a Pechino di rinegoziare o addirittura cancellare parte di questo debito tossico. Ma finora la Cina se ne è guardata bene. Perché? Semplice, navigando in cattive acque gli istituti in casa propria, è impensabile che essi stessi rinuncino al credito vantato con i citati Paesi. Insomma, per guai suoi, pagano gli altri.

Ebbene, oggi la Cina ha prestato quasi mille miliardi di dollari a circa 150 Paesi in via di sviluppo, ma si è dimostrata riluttante a cancellare i grandi debiti dei Paesi che faticano a far quadrare i conti. E questo perché la stessa Cina sta affrontando una bomba di debito al suo interno. Oltre alle criticità poc’anzi menzionate, ci sono migliaia di miliardi di dollari dovuti alle banche dai governi locali, dalle loro affiliate finanziarie, per lo più non registrate, e dagli sviluppatori immobiliari.

Il mese scorso, gli economisti di Jp Morgan Chase hanno calcolato che il debito complessivo in Cina, comprendente famiglie, aziende e governo, ha raggiunto il 282% della produzione economica annuale del Paese. Questo dato si confronta con una media del 256% nelle economie sviluppate di tutto il mondo e del 257% negli Stati Uniti. E l’agenzia di rating Fitch stima che i governi locali abbiano debiti pari a circa il 30% della produzione economica annuale cinese.

​La Cina indebitata non fa sconti ai suoi debitori

​Le banche del Dragone sono a rischio tenuta, tra tassi al minimo, governi locali insolventi e scarsa domanda di mutui. Per questo non possono permettersi di allentare la morsa ai Paesi più fragili

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