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Semplice convergenza di interessi o primo passo all’interno di una profonda e strutturata cooperazione tra i due Paesi pariah del sistema internazionale? Non è ancora chiaro quale di queste sia la dinamica che abbia spinto il leader nordcoreano Kim Jong Un a recarsi nella Federazione Russa per un incontro vis-a-vis con il presidente russo Vladimir Putin. Ma quel che è certo è che quella di Kim non sia stata soltanto una visita di cortesia.

L’incontro avvenuto nelle scorse ore (nella tutt’altro che casuale location del cosmodromo di Vostochny) non arriva come un fulmine a ciel sereno. Sin dai primi giorni dell’invasione russa dell’Ucraina la Corea del Nord si era schierata a favore della Russia, accusando gli Stati Uniti e la loro “prepotente politica egemonica” di essere la causa recondita di questa guerra, opponendosi pochi mesi dopo risoluzione delle Nazioni Unite che condannava l’invasione del 24 Febbraio. Inoltre, secondo funzionari del governo americano, Pyongyang avrebbe iniziato a rifornire le forze armate russe con equipaggiamento militare già dall’autunno dello scorso anno, ricevendo in cambio derrate alimentari e ingenti quantità di petrolio da Mosca.

Ma l’episodio più rilevante in questo senso è stato la visita del ministro della Difesa di Mosca Sergei Shoigu nella capitale nordcoreana, avvenuta nel luglio scorso in occasione del 70°anniversario della fine della guerra di Corea. Una visita pregna di significati simbolici: non solo quella di Shoigu è stata la prima visita di un ministro della Difesa russo dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, ma essa è anche avvenuta in concomitanza con la visita di una delegazione cinese che però non includeva al suo interno alcuna personalità di rango ministeriale, quasi a sottolineare una certa primazia di Mosca su Pechino nel rapporto con Pyongyang. “Sono convinto che i colloqui di oggi contribuiranno a rafforzare la cooperazione tra le nostre agenzie di difesa” aveva commentato Shoigu al termine del suo viaggio.

Non a caso, mentre lo stesso Shoigu ventilava l’ipotesi di una partecipazione nordcoreana alle esercitazioni congiunte organizzate da Mosca e Pechino, cominciavano a diffondersi rumors su una possibile visita ufficiale di Kim in Russia. Visita che si sta appunto concretizzando in questi giorni. In realtà non è la prima volta che il leader nordcoreano si reca in Russia per incontrare la sua controparte sarmatica: già nel 2019 il dittatore della Corea del Nord si era spinto fino a Vladivostok per incontrarsi con Putin; ma nonostante le promesse di un potenziamento nelle relazioni tra i due Paesi, al summit non seguirono evoluzioni concrete.

Questa volta però la situazione sembra essere diversa. Sul tavolo ci sono interessi tanto concreti quanto reciproci e condivisi, interessi il cui ruolo propulsore non può essere assolutamente ignorato. Tutti e due i Paesi infatti hanno da offrire all’altro risorse preziose il cui impiego risulterebbe vantaggioso per entrambi.

La Corea dispone di elevatissime quantità di munizioni, proiettili d’artiglieria, e missili controcarro prodotti domesticamente ma sviluppati per l’utilizzo su vecchie piattaforme di design sovietico, fattore che le rende facilmente impiegabili dalle forze armate russe per poter sostenere al meglio le dinamiche d’attrito all’interno di un conflitto ucraino che sembra destinato a durare ancora a lungo; stesso discorso può essere considerato valido anche per i suoi esemplari autoctoni di vettori balistici, che Mosca potrebbe sfruttare nella conduzione della campagna missilistica attualmente in corso. Inoltre, oltre alle armi, non è da escludere la possibilità che Kim possa rifornire Putin con manovalanza nordcoreana da dislocare nelle fabbriche di armamenti, così da rimpiazzare gli operai russi soggetti alle varie tornate di mobilitazione.

Dal canto suo, la Russia ha a disposizione ingenti quantità di riserve alimentari che le sanzioni dovute al conflitto in Ucraina hanno reso difficili da esportare attraverso canali classici, cereali importantissimi per una Corea del Nord impegnata nella lotta contro la carestia sin dalla pandemia di Covid-19. Inoltre, le fonti disponibili parlano della propensione di Mosca a condividere con Pyongyang il suo expertise tecnologico sulla costruzione di satelliti spia (una capacità che il regime norcoreano ha già provato a sviluppare in modo autonomo, seppur con esiti fallimentari) e di sottomarini, oltre che le sue preziose conoscenze in ambito nucleare.

Una cooperazione che si struttura principalmente in ambito militare, ma che ha anche importanti risvolti politico-strategici. D’altronde, risulta difficile pensare che per stringere un accordo militare fosse necessario un incontro di persona tra i due autocrati. Quel che invece traspare è che Russia e Corea del Nord non stiano soltanto effettuando una transazione, ma stiano piuttosto strutturando un sostegno reciproco nella lotta all’avversario comune, l’Occidente a trazione statunitense, che rappresenta il nemico mortale di entrambe. Nell’accordo, formale o informale che sia, tra Putin e Kim possiamo individuare un ulteriore tentativo di porre le fondamenta di quella “coalizione revisionista euroasiatica” che, oltre ai due  protagonisti del recente summit, include anche la Repubblica Popolare di Xi Jinping, con cui sia Mosca che Pyongyang possono vantare una special relationship bilaterale. Il commento di Duyeon Kim, esperto del Center for a New American Security, è esemplare nel denotare il trend che questo incontro sembra indicare: “Putin e Kim trarrebbero entrambi vantaggio da un accordo transazionale, ma anche geopolitico, dando l’impressione che i loro Paesi dotati di armi nucleari stiano cooperando militarmente e inviando un avvertimento sulle potenziali conseguenze agli alleati dell’America e ai partner che sostengono l’Ucraina. Inoltre, Kim segnalerebbe anche a Washington, Seul e Tokyo che la Russia gli copre le spalle nell’Asia nordorientale.”.

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