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A dodici anni esatti dall’inizio della direzione di padre Antonio Spadaro, ad ottobre, per La Civiltà Cattolica si aprirà una stagione nuova. Non ci vuole molto per notare che la direzione Spadaro è durata tanto quanto quella di padre Bartolomeo Sorge, direttore della rivista dei gesuiti dal 1973 al 1985.

Se la direzione del siciliano Sorge è identificata con il pontificato di Paolo VI, quella del siciliano Spadaro è identificata con il pontificato di Francesco, senza con questo voler ledere le aspettative sulla direzione che viene, quella di padre Nuno da Silva Gonçalves, precedentemente rettore della Pontificia Università Gregoriana.

E come il pontificato di Francesco ha trasformato la Chiesa (lo capiremo meglio dopo la sua conclusione, quando sarà) anche la direzione Spadaro ha trasformato La Civiltà Cattolica, facendone un periodico globale: e non solo perché unisce edizione cartacea, on line in un sito dove è affiancata da prodotti mirati, podcast, filmati e tutto è rilanciato anche grazie all’assidua presenza sui social.

La spiegazione più chiara di cosa sia cambiato la dà lo stesso Spadaro nella sua lettera di saluto ai lettori apparsa oggi sul sito. Ci informa infatti che la sua rivista (giornalistica, sottolinea con giusto orgoglio in un tempo in cui il giornalismo non sta proprio bene) avrà anche un supplemento in ungherese (chissà se Orban ne è già al corrente), dopo le attuali edizioni, quella in italiano e quelle in inglese, francese, spagnolo, portoghese, russo, cinese, giapponese, coreano. Ma questa novità avrebbe potuto non essere “nuova” se avesse diffuso nel mondo una visione elaborata tutta a Roma.

La novità evidente nell’edizione italiana sta soprattutto nello spazio ottenuto dalla rete di corrispondenti che la “stagione Spadaro”, che secondo l’Ansa si trasferirà al dicastero per la cultura, ha costruito nei vari Paesi e continenti, così spiegata da Francesco: “Si tratta di un’evoluzione che già i vostri predecessori, ai tempi del Concilio, ebbero in mente, ma che mai fu messa in opera”. Si è colmato dunque un ritardo con  firme di assoluta eccellenza, come quella che ci arriva da Mosca, padre Vladimir Pechkov. Le periferie, padre Pechkov scrive di Asia centrale in modo particolare, entrano con la loro voce nel racconto “romano”, come fanno le periferie africane raccontate dal rwandese Marcel Uwineza. Il Presidente Sergio Mattarella ha parlato di “un segnale importante perché offre sempre più l’idea che non si tratta soltanto di trasmettere idee ma anche di riflettere insieme, con le varie civiltà e culture, sulla sorte del mondo”.

E se è vero che la pipa di radica nera che ora sommariamente descrivo, curva e dal fornello che si allarga, non è una pipa, e che La Civiltà Cattolica non è una rivista ma un’esperienza spirituale – lo scrive padre Spadaro all’inizio del suo saluto rifacendosi al celebre quadro di Magritte nel quale disegna una pipa scrivendo “Ceci n’est pas une pipe”-  io per la mia piccola esperienza di giornalista invitato a due seminari sul mondo e il Mediterraneo di papa Francesco, mi sento di dire che questa esperienza spirituale non è  chiusa, identitarista, ma aperta, interessata a capire unendo e non a unire dettando. Ne scaturisce un informare che apre orizzonti, scende per strada e incontra  chi c’è non sulla carta, ma nella realtà. Infatti colpisce questa frase nel saluto di Spadaro: la rivista, dice, “si è esposta senza stare a guardare dal balcone – a balconear, direbbe papa Francesco – e scendendo per strada, spesso intrecciando i suoi percorsi con altre testate o associazioni giornalistiche”. Ma se tutto questo ha certamente valore, credo indispensabile   ricordare la mole  di scritti che è stata offerta per capire Bergoglio: da quelli dello stesso Spadaro e del defunto padre Diego Fares, da tanti inediti al saggio sul rapporto tra il papa e la letteratura (un unico al mondo che io sappia) oltre ai cinque  volumi, curati da padre José Luis Narvaja che raccolgono tutti gli scritti di padre Miguel Ángel Fiorito, che è stato padre spirituale di Francesco.

La stagione Spadaro ha anche cambiato i viaggi papali. Lo ha detto lo stesso Francesco incontrando i gesuiti in Slovacchia. Del back stage dei viaggi papali mai si è saputo alcunché. Ora invece in ogni viaggio il papa incontra i gesuiti lì residenti e la Civiltà Cattolica ne dà conto. A quelli slovacchi ha detto: “L’idea di invitare i gesuiti nei miei viaggi apostolici è di padre Spadaro perché così lui ha materiale per fare un articolo per La Civiltà Cattolica che pubblica sempre queste conversazioni!”. L’ironia di Francesco è sempre sorprendente, ma proprio essa ci porta a cambiare registro e domandare: era proprio necessario cambiare? Perché? È molto probabile che si tratti di un cambiamento convenuto; si deve cambiare dopo tanti anni. Ma il progetto editoriale messo in opera da anni aveva bisogno di ulteriori possibilità di crescita.

Tutto qui? Qualche piccola invidia ci sarà stata. Ma mi sembra l’umano marginale, perché sebbene  non mi sorprenderebbe, lo percepirei come un dare rilievo all’irrilevante. E invece oggi vedo che la rivoluzione che Antonio Spadaro ha attuato ha dei costi e comporta decisioni, che poi devono crescere nel tempo. Io ad esempio mi chiedo: perché non aggiungere un’edizione in polacco? E perché non estendere ad altre università oltre Georgetown la partnership  avviata con produzioni e arricchimenti importanti non solo per la rivista, ma in alcune circostanze per la stessa città? Servirebbe l’edizione polacca, con tutto ciò che di problematico vi accade, e servirebbe a mio avviso una partnership con Accademie orientali. In questo mondo globalizzato ma anche ridotto a un dedalo, aprire diventa un sforzo  ciclopico e continuo.

Ma in un mondo come quello cattolico “romano” che si va specializzando nel nascondere e non nell’illuminare quel che fa, proprio la Civiltà Cattolica stava divenendo la conferma che le riforme possono funzionare, mentre altre non vanno. La Civiltà Cattolica non è media Vaticano, ma la sua riforma funziona, se ne accorgono professionisti dell’informazione dentro e fuori la Chiesa. Così mi colpisce il saluto ai lettori del padre sinodale Spadaro alla vigilia di un sinodo nascosto da quasi tutti nella Chiesa. Ci sono sempre vigilie nella Chiesa, ma in una fase in cui la comunicazione del papa rimane informale nonostante la gravità dei contesti e l’età,  che aumentano le insidie, potremmo trovarci a chiedere a padre Spadaro o ai suoi superiori, “non si poteva attendere un po’?” L’arcivescovo maggiore di Kyiv, preoccupato dalle insidie nascoste nella comunicazione informale del papa, recentemente ha affermato che il papa avrebbe necessità di un portavoce: i fatti recenti mi sembrano confermare questa lettura.

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