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Il mio primo incontro privato con Silvio Berlusconi fu una cena ad Arcore nel dicembre 1993. Entravo per la prima volta a Villa San Martino e non potevo immaginare che sarebbe stata la prima di una serie innumerevole.
Al tempo ero un assistente capostruttura delle tv di Berlusconi. Due mesi prima Gianni Pilo mi aveva chiesto di collaborare alla costruzione di Forza Italia e quella sera mi portò a quella cena con il Presidente, assieme al manipolo di persone che, arrivate “dall’azienda” (come dicevamo ai tempi), stavano lavorando alla nascente comunicazione di Forza Italia.

Da quella cena, quanti giorni e quante notti passate ad Arcore a lavorare alle nostre campagne elettorali: spot, manifesti, brochure, la Nave azzurra, Una storia italiana, internet, convention, opuscoli, lettere, forzasilvio.it, libri, grafiche, interviste…Sono stati 29 anni davvero “formidabili”.

Avversari e fiction ci hanno dipinto come una specie di Spectre. Eravamo in realtà un manipolo di artigiani, guidati da un artista capo bottega che propone, ascolta, corregge, lavora con te. Un uomo potente ma non superbo, pop, rock e classico insieme, generoso ma attaccato alla realtà, che ti spiegava non solo come fare le cose ma, soprattutto, il perché. Potrei scrivere un libro con tutte le cose che ho imparato da Berlusconi sulla comunicazione, tutti principi che sono validi ancora oggi.

Accanto alla sua attitudine pedagogica, mi piace ricordare un tratto che lo ha sempre distinto da tutti gli altri capi politici: Berlusconi ti faceva sentire un re. Non era solo tattica comunicativa, percepivi in lui il desiderio sincero di mettere l’interlocutore al centro, di farlo sentire davvero importante. Per questo, per il suo tratto umano, gli si voleva bene. Nelle mie cinque legislature da deputato ho parlato con tantissimi colleghi degli altri partiti e raramente ho sentito dire loro che volevano bene al proprio leader. Per noi di Forza Italia era la norma.

Gli si vuole bene ancora di più adesso, non sembra vero che non ci sia più.
In realtà lui c’è e ci sarà sempre per l’impronta che ha lasciato nella vita di ciascuno di noi e, naturalmente, per l’impatto che ha avuto sulla storia italiana, europea e mondiale.

Grazie di tutto Silvio, caro Presidente. Più volte, presentandomi a interlocutori che non mi conoscevano dicevi che potevano fidarsi, perché ero “uno di famiglia”. Come tale, oggi piango e prego per te. Che Dio ti accolga!

Berlusconi ti faceva sentire un re, e gli volevi bene. Il saluto di Palmieri

Di Antonio Palmieri

Il primo incontro ad Arcore, le notti passate a lavorare alle campagne elettorali, la sua attitudine pedagogica. Antonio Palmieri racconta i 29 anni “formidabili” a fianco di Silvio Berlusconi

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