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Sono due le sfide che il vertice di Vilnius ha dinanzi a sé: il destino politico dell’Ucraina e l’attenzione che la Nato deve riservare non solo al fronte russo, ma all’intera area che abbraccia Mediterraneo, Balcani, Africa e Medio Oriente. Ne è convinto l’ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo, già segretario generale ad interim dell’alleanza e attualmente presidente del Nato Defense College Foundation che in questa conversazione analizza il possibile ingresso di Kiev nell’Ue, prima che nell’alleanza e la ormai certa proroga di Jens Stoltenberg.

Leggere il golpe con le lenti di Vilnius: ipotizzabile la discussione sull’adesione alla Nato dell’Ucraina, come osservato dal ministro Tajani?

Si tratta di un tema molto complicato che non si può semplificare. Credo che Tajani intenda dare un concetto di carattere, politico e generale, di avvicinamento: non credo che a Vilnius ci sarà un invito all’Ucraina e le ragioni sono abbastanza semplici. Mi chiedo quale sarebbe oggi il valore aggiunto di un ingresso nella Nato: oggi nullo secondo me, nel senso che certamente sono d’accordo su quello che facciamo, ma un eventuale ingresso non farebbe altro che allungare la guerra e obbligherebbe in qualche maniera la Nato a intervenire direttamente.

Come uscirne?

C’è molta confusione su questo punto, ma se non sbaglio è stato lo stesso Stoltenberg a dire che far entrare l’Ucraina nella Nato vorrebbe dire indubbiamente allungare la guerra o quanto meno complicarla. Certamente creerebbe da parte russa una maggiore consapevolezza, ma c’è anche una domanda di fondo da farci: ovvero la Nato quando assume nuovi membri si interroga sul loro valore aggiunto. La Nato non è un’organizzazione in cui chiunque taglia un nastro ed entra, ma ha degli obiettivi di sicurezza. Sarebbe molto più logico far entrare l’Ucraina nell’Unione europea, nel senso che è in corso un processo di trasformazione della società in un Paese europeo.

In prospettiva?

Certamente ci potrà essere l’ingresso nella Nato, ma al momento penso ad altre forme di garanzia che vengono usate per la Corea o per Israele: voglio dire che ci potrebbe essere una garanzia del mondo sull’integrità territoriale dell’Ucraina che non passi attraverso la membership della Nato.

A Vilnius ci saranno posizioni diverse?

Naturalmente, è chiaro che ci siano posizioni diverse in materia tra i Paesi membri. Io credo che i Paesi nordici, inglesi, polacchi e i baltici, siano favorevoli a invitare l’Ucraina perché hanno dei conti storici da regolare: hanno una storia diversa dalla nostra. Mentre invece Belgio, Italia, Francia, Germania e Olanda dicono che l’Ucraina va senza dubbio protetta ma al contempo senza complicarci la vita. Non è possibile che nella Nato entrino delle nazioni in guerra, sarebbe una cosa del tutto eccezionale, ma insomma una nazione in guerra che entra nella Nato vuol dire che siamo in guerra con la Russia: di fatto non si può fare. E poi non credo neanche che gli americani siano d’accordo.

Ovvero?

Tutti danno per scontato che gli americani siano favorevoli ad una guerra ad oltranza, ma non è così. La dottrina Biden prevede aiuti all’Ucraina con le armi che le servono per difendersi dall’aggressione russa e, magari, anche riconquistare il terreno che è stato occupato dai russi. Ma senza andare in territorio russo. C’è una linea rossa per cui non si attacca la Russia. Questo è molto importante e va ricordato.

Quale potrà essere un risultato concreto di Vilnius?

Innanzitutto la scelta di Vilnius non è casuale, perché è già una scelta abbastanza antirussa vista la poca distanza dal confine. Ci saranno sicuramente dei risultati, uno sarebbe dovuto essere l’elezione del nuovo Segretario generale: ciò non avverrà, non solo perché ci sono dei candidati ufficiali eccetto il ministro della difesa inglese Wallace, ma perché in questo momento nelle capitali si punta a convincere Stoltenberg a restare fino al giugno dell’anno prossimo. In quella data si celebrerà il 75mo anniversario del Trattato di Washington. Il secondo è quello di riaffermare un sostegno molto deciso contro la Russia: ciò non si tradurrà automaticamente in un’adesione dell’Ucraina alla Nato ma in un percorso di avvicinamento o in una un’assistenza molto forte. Per cui i risultati di Vilnius ci saranno sicuramente e non saranno secondari, a cominciare dalla solidarietà atlantica ed europea verso l’Ucraina. Siamo a un anno e mezzo dalla guerra e quindi riconfermarla e anche sottolinearla sarà comunque un risultato chiaro che andrà raggiunto e metabolizzato.

Sul fronte svedese e turco prevede passi in avanti?

Erdogan resta in un limbo, per il momento, e a Vilnius non ci saranno novità. Credo che vedremo a breve qualche legge svedese riguardo i curdi. Inoltre penso che i Paesi del sud Ue, Italia in primis, dovrebbero sottolineare l’importanza che ha questa area all’interno del consesso atlantico. Non dimentichiamo che nei vertici Nato si parla di attenzione a 360 gradi, per cui occorre ricordare che le minacce vengono dal fronte meridionale, come Maghreb, Golfo, Africa, Sahel e che quindi bisogna attenzionare il terrorismo internazionale. Per cui, al di là dell’immigrazione, l’alleanza deve riprendere i partenariati che a suo tempo aveva verso il sud, rimetterli in vita con un’attenzione concreta. Il rischio è che ci sia una concentrazione straordinaria sulla Russia, ma dimenticando il tema Medioriente, Mediterraneo, Balcani e Sahel.

@FDepalo

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