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L’approccio del governo al tema pensionistico è diametralmente opposto a quello a cui siamo stati abituati fino a ora. L’obiettivo dichiarato è quello di introdurre un sistema che favorisca la “flessibilità in uscita ai lavoratori”. E, per arrivarci, la strada da percorrere è l’introduzione di “Quota 41”, ossia 41 anni di contributi versati. La revisione degli assetti pensionistici è un terreno scivolosissmo, di grossi scontri. Lo si è visto anche in occasione dell’ultimo confronto tra parti sociali e governo. Il sottosegretario al Lavoro e alle Politiche Sociali, Claudio Durigon, chiarisce un punto: “Ci potranno anche essere divisioni, ma con le parti sociali siamo per lo meno d’accordo su un punto: la necessità di superare la legge Fornero”.

Sottosegretario, questo è uno dei cardini del programma di governo. Ce la si farà?

Il nostro impegno è orientato in questa direzione e, come ribadisco, la riforma complessiva del sistema pensionistico è un obiettivo di legislatura. Già qualche correttivo è stato applicato, ma i prossimi passi in avanti si avranno solo quando sapremo con certezza le risorse a disposizione da inserire nella prossima finanziaria.

Cosa rende Quota 41 il sistema più adeguato alle esigenze dell’oggi dalla vostra prospettiva?

Dal 1996, riforma Dini, il sistema contributivo ha sempre maggior “peso” in seno al calcolo pensionistico. A noi pare che Quota 41 sia un equo punto di equilibrio tra anni lavorati ed effettivo salario che una persona può ottenere in relazione ai contributi versati. Peraltro, in virtù del grosso cambiamento a cui stiamo assistendo nel mercato del lavoro, questa misura – che ricordo essere facoltativa – tiene anche in considerazione il fatto che al giorno d’oggi le persone entrano nel mondo del lavoro a un’età più elevata mediamente rispetto al passato.

Alcuni avanzano perplessità sul fatto che Quota 41 sia sostenibile in termini di copertura economica. 

Sono gli stessi che prevedevano dissesti finanziari di proporzioni catastrofiche all’indomani dell’introduzione di Quota 100. Che poi sono stati smentiti dai fatti. Non solo: oltre alle tantissime uscite generate grazie a Quota 100, attualmente in Italia c’è un numero altissimo di occupati. A dimostrazione di come la direzione intrapresa dal governo sia quella corretta. L’introduzione di Quota 41 gioverebbe anche alle aziende.

Quali sarebbero i benefici?

Se l’obiettivo della misura è quello di garantire flessibilità in uscita, allo stesso modo ci sarà flessibilità in entrata. Per le aziende investire sul nuovo personale deve essere una forma di investimento per il futuro e per garantire il turnover. Tra l’altro di questa misura ne potrebbero beneficiare anche le micro-pmi differentemente da quanto accade adesso con strumenti come la Isopensione, di quali usufruiscono solo i grandi gruppi imprenditoriali.

Quota 41 e flessibilità, cosa cambia con la riforma delle pensioni. Parla Durigon

Il sottosegretario al Lavoro spiega, dopo il confronto con le parti sociali e datoriali, i benefici che si avrebbero a seguito dell’introduzione di Quota 41. Una misura, sottolinea a Formiche.net, che non solo agevolerebbe le piccole imprese, ma sarebbe più adeguata alle esigenze di un mercato del lavoro in profondo cambiamento

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