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L’attacco di Hamas contro Israele è un altro passo verso la piena adozione della cyberwar nei teatri di guerra, poiché sta utilizzando gli stessi precetti della guerra ibrida già visti applicati nel corso del conflitto russo-ucraino, ma con alcune differenze. La digitalizzazione conferisce a chiunque disponga di una connessione a internet di partecipare al conflitto: siamo di fatto in una click war, che dal pc di casa permette di operare sul teatro del conflitto causando distruzione e morte e accompagnando gli attacchi via terra e dal cielo.

Anonymous Sudan, a quanto sembra un collettivo arabo che già negli scorsi giorni aveva rivendicato l’offensiva informatica al sistema portuale israeliano, al momento dell’assalto ha agito lanciando attacchi informatici DDoS contro il sistema di allerta israeliano, utilizzato per avvertire i cittadini delle minacce incombenti. Questa azione ha subito a sua volta una ritorsione, poiché al momento Anonymous Sudan sembra essere soggetto al contrattacco dei reparti cyber delle Forze di difesa israeliane e dello Shin Bet, ed è già impossibilitato ad agire.

Altrettanto micidiale nelle ore precedenti l’attacco è stata l’opera di “pulizia” mettendo a tacere fonti di informazione israeliane a Gaza. Come avvenuto diciotto mesi fa in Ucraina assistiamo oggi a una polarizzazione del mondo cyber: alle azioni di Anonymous Sudan e di CyberAv3ngers, che recentemente hanno colpito la centrale elettrica di Dorad lasciando la popolazione di Yavne nel distretto centrale di Israele in balia di pesanti disagi dovuti all’energia intermittente, si contrappone in queste ore la discesa in campo a sostegno di Israele del gruppo India Cyber Force, che sta intensificando sofisticate azioni di cyberwar di cui è capace nella striscia di Gaza, con un attacco anche al portale di Hamas.

Si dibatte invece sulla posizione dei collettivi filo-russi, con dichiarazioni a favore dei palestinesi da parte di Killnet e Usersec che hanno attaccato il sistema bancario israeliano (ma potrebbe anche trattarsi di episodi criminali). Non vi è ancora chiarezza e le fonti sono discordanti, ma sarà interessante comprendere se vi sia stato supporto tecnologico e cyber da parte di Iran e degli epigoni libanesi di Hezbollah alla rivolta e agli atti di terrorismo.

Tornando al conflitto in un’ottica generale, assistiamo quindi ad una guerra asimmetrica in cui, paradossalmente, la bassa tecnologia costituisce un vantaggio strategico in questa nuova forma di guerra ibrida. I guerriglieri che dai parapendii hanno manovrato mini droni per abbattere le torri di sorveglianza e fare breccia nel confine della striscia di Gaza sono la declinazione, in base ai mezzi di cui dispone Hamas, ancor più pauperista di quanto si è visto da un anno e mezzo in Ucraina. L’unica nota positiva di questo conflitto globale cyber è stata la proposta della Croce Rossa Internazionale, che poche ore prima dell’attacco ad Israele ha varato otto regole per i civilian hackers e quattro obblighi per gli Stati di dissuasione dal coinvolgimento dei civili nella guerra cyber. L’iniziativa, subito definita una sorta di Convenzione di Ginevra cyber, ha visto aderire anche alcuni collettivi famosi.

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Di Pierguido Iezzi

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