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Negli ultimi mesi, l’amministrazione statunitense guidata da Joe Biden aveva più volte declinato la richiesta di Kyiv di rifornire le proprie forze armate con gli Army Tactical Missile Systems (Atacms). La motivazione dietro il rifiuto dell’amministrazione Biden era stata resa palese dai suoi esponenti: Washington temeva di rimanere a corto di questi sistemi (e in particolare delle munizioni da essi impiegati). Ma di recente la leadership statunitense ha cambiato idea, fornendo a Kyiv i sistemi d’arma tanto bramati (anche se in una versione a raggio ridotto). Senza però comunicare l’avvenuto invio.

A darne la notizia è stato però il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sul suo canale Telegram: “Grazie a tutti coloro che lottano e lavorano per l’Ucraina! Grazie a tutti coloro che ci stanno aiutando! E oggi sono particolarmente grato agli Stati Uniti. I nostri accordi con il Presidente Biden sono stati attuati. E sono stati attuati in modo molto accurato: gli Atacms hanno dimostrato di essere all’altezza della situazione”.

Anche se non è stato ufficialmente confermato, sembra che la scelta americana di non rendere pubblico l’invio di queste armi sia stata dovuta, più che a un rischio di escalation con la Federazione Russa, a motivazioni legate all’andamento delle operazioni sul campo di battaglia. Un annuncio della spedizione degli Atacms avrebbe infatti potuto spingere i comandi russi a spostare i propri asset al di fuori della portata dei sistemi statunitensi prima del loro effettivo dispiegamento sul campo di battaglia. Cosa che invece non è stata fatta.

Questo ha permesso così ai sistemi missilistici terra-terra di mettere in atto un attacco devastante all’alba di martedì 17 ottobre. Bersaglio di quest’azione, denominata dai blogger militari russi “Operazione Dragonfly”, sono stati due aeroporti militari russi siti nei pressi delle città occupate di Berdyansk e Luhansk. Nell’attacco missilistico sono stati distrutti ben 9 elicotteri, un sistema missilistico anti-aereo e un deposito di munizioni, e sono stati feriti e uccisi decine di soldati russi.

Secondo quanto dichiarato da funzionari del governo statunitense, la versione del sistema Atacms inviata agli ucraini è una munizione a grappolo che distribuisce 950 piccoli proiettili che possono causare danni in un’ampia area. Per Mosca, l’invio è “un errore grossolano” degli americani.

Non è la prima volta che gli Stati Uniti riforniscono Kyiv delle tanto discusse cluster munitions: già nel luglio di quest’anno Washington aveva acconsentito, dopo un lungo dibattito interno, a rifornire le forze armate ucraine di munizioni a grappolo per gli obici da 155mm.

Sulla scelta di inviare invece una versione a raggio ridotto hanno pesato i timori che gli ucraini avrebbero potuto impiegare i sistemi d’arma in questione per colpire bersagli posti all’interno dei confini della Federazione Russa, dinamica che i governanti americani hanno sempre considerato come l’attraversamento di una pericolosa linea rossa capace di causare un’escalation del conflitto.

I missili consegnati dagli Stati Uniti possono colpire obiettivi a 100 miglia di distanza e sono lanciati da veicoli che possono spostarsi rapidamente e nascondersi dopo il lancio per evitare un contrattacco russo. Le armi a più lunga gittata a disposizione dell’Ucraina sono i missili da crociera a lancio aereo francesi Scalp e britannici Storm Shadow, che sono stati utilizzati per colpire obiettivi russi, anche in Crimea. Ma per lanciare questi missili da crociera, gli aerei da guerra ucraini potrebbero esporsi alle capacità contraeree avversarie.

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