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Un’analisi del Royal United Services Institute (Rusi), basata su circa 800 pagine di documenti trapelati dal gruppo hacktivist Black Moon, rivela come Mosca stia fornendo a Pechino sistemi militari e addestramento che potrebbero accelerare le capacità cinesi di condurre operazioni aviotrasportate. Tra i materiali elencati figurano sistemi di paracadutismo ad alta quota (Dalnolyot), veicoli anfibi e mezzi corazzati, per un valore superiore a 210 milioni di dollari. L’aspetto cruciale, secondo gli analisti, non è solo la tecnologia ma il know-how operativo: procedure, addestramento e comando e controllo che la Russia, forte di decenni di esperienza, può trasferire a un esercito cinese ancora acerbo in questo campo. Il report suggerisce che queste forniture possano colmare lacune critiche e ridurre di anni lo sviluppo delle capacità necessarie per un eventuale assalto a Taiwan, pur ricordando che le difficoltà incontrate dai paracadutisti russi in Ucraina mostrano i limiti di tali operazioni. Mosca, intanto, monetizza il proprio arsenale e cerca di coinvolgere Pechino in una dinamica che distolga l’attenzione americana dalla guerra in Europa.

Per Taipei il contesto internazionale si complica. Mentre Mosca pare parte delle manovre cinesi per annettere l’Isola (solo nelle forniture militari?), con la seconda presidenza Trump, la Casa Bianca esercita pressioni per spostare parte dell’industria dei semiconduttori negli Stati Uniti in cambio di protezione, mentre Xi Jinping tenta di ottenere un impegno formale contro l’indipendenza di Taiwan. Il piano appare irrealistico, ma evidenzia la precarietà dei rapporti: gli alleati più vicini a Taipei sono usciti dall’amministrazione, sostituiti da figure più inclini all’isolazionismo. Taiwan conserva però sostegni più solidi al Congresso e potrebbe puntare a coltivarli, mantenendo canali politici e simbolici con Trump e valutando persino mosse tabù se la fiducia negli Stati Uniti dovesse incrinarsi. Parallelamente, Taipei diversifica i propri legami economici. L’Isola punta a raddoppiare nei prossimi anni le esportazioni di chip ed elettronica verso l’India, cavalcando la crescita delle spedizioni di smartphone indiani negli Stati Uniti e sostenendo investimenti locali come la joint venture da 11 miliardi di dollari tra Powerchip e Tata Electronics. Le esportazioni taiwanesi verso l’India hanno superato i 10 miliardi nel 2024, più del doppio rispetto a cinque anni prima, segnale di un partenariato economico sempre più stretto nonostante l’assenza di relazioni diplomatiche formali.

Di questo incrocio di dinamiche e interessi parliamo nella nuova edizione di “Indo-Pacific Salad” (per iscriversi basta seguire il link).

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