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Dobbiamo uscire dalla “zona confortevole” cui siamo abituati e dobbiamo farlo con una certa fretta. Sto parlando di noi europei, abituati a una visione “eurocentrica” che non ha più cittadinanza nel mondo contemporaneo, che non governa più le dinamiche internazionali, che non sposta più la quota prevalente degli interessi. Solo se cogliamo fino in fondo questo cambiamento epocale possiamo giocare un ruolo nel secolo in cui viviamo, altrimenti il percorso che conduce alle irrilevanza finiremo per imboccarlo, smarrendo definitivamente la strada del ritorno.

Questo nuovo approccio è necessario anche guardando alle recenti polemiche che hanno coinvolto il Capo dello Stato, Sergio Mattarella. I fatti sono riassumibili piuttosto semplicemente. Mattarella tiene un discorso in cui ricorda la fragilità della risposta internazionale di fronte alle intenzioni di Adolf Hitler, fragilità culminata nella conferenza di Monaco del 1938. Nel citare quel passaggio storico Mattarella vuole evidenziare un punto fondamentale delle relazioni internazionali: raramente gli atteggiamenti arrendevoli inducono la controparte a più miti comportamenti.

A stretto giro gli risponde con tono minaccioso la portavoce del ministero (e non del ministro Lavrov) degli Esteri russo, l’ormai celebre Marija Zacharova. Ne segue sollevazione più o meno unanime in Italia, con profluvio di dichiarazioni che versano fiumi d’inchiostro.

La mia opinione è che tutto ciò dimostra una certa immaturità del nostro sistema politico e istituzionale, immaturità che non giova al posizionamento internazionale dell’Italia. Sia chiaro, io non penso affatto che Mattarella si sia spinto troppo in là con le parole, anche se affermare che la situazione internazionale nel 2025 è uguale a quella del 1938 è un po’ difficile da sostenere.

A mio avviso, però, avremmo dovuto gestire in modo diverso la vicenda, modo diverso sintetizzabile in due punti.

Primo, dare il giusto peso alle parole di Zacharova, che anche in Russia vengono prese più come indicative di una certa vivacità verbale che non come posizioni ufficiali. Diciamola meglio per farci capire: il Cremlino appoggia con tono divertito le dichiarazioni incendiarie di Zacharova essenzialmente per una ragione, cioè vedere l’effetto che fanno su di noi. Quindi, per essere molto chiari, faremo bene ad ignorarla.

Secondo: è tempo di ridurre le parole e aumentare i fatti, esattamente come chiesto con tono accorato anche da Mario Draghi nel suo ultimo intervento al Parlamento europeo (per non parlare di quanto scritto sul Financial Times).

Il confronto tra la storica riunione in Arabia Saudita di americani e russi e l’inconcludente summit di Parigi voluto da Macron è impietoso: fatti contro parole.

Svegliamoci, siamo ancora in tempo.

Diamo il giusto peso alle parole di Zacharova, ma svegliamoci. Il commento di Arditti

Come avrebbe dovuto rispondere l’Italia agli attacchi di Zacharova? Primo, dare il giusto peso alle sue parole, che anche in Russia vengono prese più come indicative di una certa vivacità verbale che non come posizioni ufficiali. Secondo: è tempo di ridurre le parole e aumentare i fatti, esattamente come chiesto con tono accorato anche da Mario Draghi. Il commento di Roberto Arditti

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