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“Resilienza e sicurezza delle economie” è una delle priorità dell’agenda del G7 a guida giapponese i cui leader si riuniranno tra una settimana a Hiroshima sotto la presidenza del primo ministro Fumio Kishida. I Sette (più i vertici di otto Paesi e sette organizzazioni internazionali invitate all’appuntamento) discuteranno di catene di approvvigionamento, politiche e pratiche non e coercizione economica. Tradotto: parleranno di Cina.

L’antipasto è la tre giorni di riunioni dei ministri del Tesoro a Niigata, in corso da giovedì. Christian Lindner, ministro delle Finanze tedesco, ha dichiarato che durante gli incontri si è discusso anche della necessità di rendere le catene di approvvigionamento globali più resilienti riducendo la dipendenza eccessiva dalla Cina. È parte dell’agenda giapponese: costruire partnership con Paesi a basso e medio reddito attraverso investimenti e aiuti.

L’accordo sull’importanza di rafforzare le catene di approvvigionamento c’è. Ma i Sette sono divisi per quanto riguarda come e fino a che punto contrarre la Cina, la seconda economia mondiale. Su quasi tutti i Paesi del club, inoltre, pesano i venti di recessione.

Gli Stati Uniti sono in prima fila, come raccontano i discorsi di Janet Yellen, segretaria al Tesoro che ha parlato di contrastare la coercizione economica di Pechino, e di Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale che ha fatto riferimento alla volontà di limitare l’esposizione al rischio (de-risking). Ma il Giappone è scettico verso l’idea di controlli sugli investimenti visto il contraccolpo che una tale mossa potrebbe avere sul commercio globale e sulla propria economia, hanno spiegato funzionari governativi a Reuters. Jeremy Hunt, ministro delle Finanze britannico, ha detto al quotidiano Nikkei che il G7 deve contrastare la coercizione economica della Cina, anche se non ha fatto menzione dei controlli sugli investimenti. C’è poi la Germania, è sempre più diffidente nei confronti di Pechino come rivale strategico: Berlino ha preso in considerazione misure per rivalutare i legami bilaterali, ma è cauta nel mostrarsi come artefice di un fronte del G7 contro Pechino.

Il G7 Finanze e il summit della prossima settimana rappresentano due passaggi importanti per l’Italia, il cui governo dovrà decidere entro fine anno se rinnovare il memorandum d’intesa sulla Via della Seta siglato con la Cina nel 2019 dal governo gialloverde presieduto da Giuseppe Conte. Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, avrebbe deciso di uscire dall’accordo e starebbe aspettando il momento più adatto per comunicarlo a Pechino oltreché agli alleati e ai partner. Sicuramente non prima del summit di Hiroshima durante i quali si cercherà di comprendere la coesione e la solidarietà verso l’Italia nel caos in cui la Cina reagisse con misure coercitive al passo indietro.

(Twitter, @hmtreasury)

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