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Rimuovere l’approccio coloniale, che per molto tempo ha condizionato la storia dei rapporti dell’Italia con i Paesi africani, presentando il Piano Mattei per l’Africa come sezione italiana del piano Marshall europeo. È quanto ha spiegato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, alla platea del panel “Le nostre comuni sfide con l’Africa” al Meeting di Rimini.

L’Italia, quindi, al centro di un percorso europeo di sostegno all’Africa per vincere la sfida delle migrazione e dell’instabilità in quel continente, sul cui fuoco soffia la Russia con le sue milizie Wagner.

Se si vuole veramente costruire un rapporto di amicizia con l’Africa è necessario un rapporto di rispetto con quei milioni di persone che sono i nostri dirimpettai, ha chiarito Tajani. “Se pensiamo di porci con l’Africa con una mentalità neocoloniale rischiamo di avere un rifiuto che farebbe danno non solo a noi, ma farebbe arrivare altre realtà come Russia e Cina che hanno interessi egemonici”, ha detto.

“Non si può non considerare quanto il rapporto con l’Africa abbia condizionato la nostra storia – ha aggiunto – Non si può dire Roma senza dire Cartagine. Non si può dimenticare il ruolo dei missionari, ma anche al ruolo della cultura”, ha proseguito il ministro.

Per questo è necessario stringere degli accordi con i Paesi africani che siano vincenti per entrambi i contraenti. “Penso a società miste che facciano attività estrattive, ma poi la trasformazione del prodotto si fa in Africa, con loro manodopera” che “permetterebbe la crescita e l’industrializzazione del continente” e ci “farebbe acquistare materie prime a prezzi più bassi”, ha chiarito il capo della diplomazia italiana.

In questo quadro rientra il Piano Mattei per l’Africa. Si tratta della sezione italiana del Piano Marshall europeo: “Vorrei che tutti i Paesi europei facessero quello che sta facendo l’Italia per la crescita del continente africano”. “Ci sono centinaia di progetti in tutti i Paesi dell’Africa”, ha spiegato Tajani, parlando del piano. “Insieme a questi investimenti c’è la possibilità di far sì che il nostro saper fare” di “agricoltori e imprenditori possa essere trasferito nel continente africano, con accordi vincenti per loro e per noi”.

Poi il ministro ha parlato della situazione di alcuni dei Paesi africani con cui il governo italiano ha lavorato maggiormente in questo periodo. L’Italia ha lavorato molto per aiutare la Tunisia, vincendo tante reticenze. “La fatica più grande del governo italiano è stata far capire agli altri europei che il nostro compito era garantire la stabilità del Paese e non trasformare la Tunisia nella Svezia, la Norvegia o la Danimarca. Non è possibile”, ha detto Tajani. “Perché gli italiani sono sempre più benvoluti? Perché sono quelli che sanno essere più malleabili nel comprendere l’identità degli altri”, ha aggiunto il ministro.

Rispetto invece alla crisi in Niger l’Italia non ha mai sostenuto un intervento militare internazionale o europeo per ripristinare il governo del presidente Bazoum. “Saremmo stati visti come colonialisti, uccelli rapaci che volevano prendersi l’uranio perché a noi utile. Non è questo il modo di rapportarsi con l’Africa”, ha aggiunto.

Tajani ha parlato anche di Mauritania, dove l’Italia sta allestendo l’ambasciata, in quanto è “un Paese importante per la stabilità africana”.

Più in generale la Farnesina sta lavorando in questa fase per incrementare il numero di scuole italiane in Africa in modo da rafforzare “il rapporto di amicizia” con quei popoli. “L’Italiano è fra i più benvoluti nel continente africano. Se sapremo agire bene, tuteleremo i nostri interessi, ma fare emergere anche l’aspetto di un’Africa ricca”, ha detto Tajani.

Infine il capo della diplomazia italiana ha ricordato come sia necessario sostenere politicamente ed economicamente le missioni cristiane in Africa. “Il mondo missionario svolge un ruolo immanente, oltre a quello trascendente, per favorire crescita e formazione di tanti giovani. Questo non va dimenticato”, ha detto aggiunto. Il ministro ha chiuso il suo intervento ricordando l’importanza di proteggere le comunità cristiane in Africa. “Non capisco perché se c’è una minoranza offesa tutti si agitano, se viene offesa invece una minoranza cristiana” non è così, “la persona va sempre tutelata”.

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