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Alcune settimane prima dell’invasione russa dell’Ucraina l’intelligence britannica aveva giudicato l’attacco “altamente probabile”, un’espressione che indica l’80-90% di probabilità. Regno Unito e Stati Uniti erano allineati e avevano condiviso materiale con gli alleati. Francia, Germania e altri alleati (compresa molto probabilmente anche l’Italia) hanno visto molte delle stesse informazioni, anche se non tutti i dettagli, ma hanno pensato che il presidente russo Vladimir Putin stesse bluffando. Gli scettici “non riuscivano a superare [l’idea] che non avrebbe fatto qualcosa di così stupido e distruttivo”.

A spiegarlo è sir Simon Gass, diplomatico e fino a pochi giorni fa presidente del Joint Intelligence Committee, il comitato intergovernativo con sede presso l’Ufficio di gabinetto che supporta il primo ministro e il Consiglio di sicurezza nazionale fornendo al primo ministro e ai ministri valutazioni di intelligence, principalmente in materia di sicurezza, difesa e affari esteri. Il Joint Intelligence Committee è posto alle dipendenze del segretario del gabinetto: non corrisponde all’italiano Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, che dipende da Palazzo Chigi (con la possibilità di un’Autorità delegata) ma sotto il quale sono poste le agenzie d’intelligence (Aise e Aisi); nel Regno Unito MI5, Defence Intelligence, MI6 e GCHQ dipendono rispettivamente dai ministeri dell’Interno, della Difesa e degli Esteri le ultime due strutture, con il primo ministro sopra a tutti.

Sir Simon ha rilasciato una lunga intervista pubblicata nella “special report” della rivista The Economist dedicato alle lezioni apprese dal campo di battaglia oltre 16 mesi dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. È una sorta di testamento per lui, che dopo quattro anni il 1° luglio ha passato il testimone a Madeleine Alessandri, già capo del dipartimento Irlanda del Nord e viceconsigliera per la sicurezza nazionale, con un lungo passato nel servizio diplomatico e nella sicurezza nazionale nel Regno Unito e all’estero.

Nell’intervista, Sir Simon ha parlato dell’utilizzo pubblico di informazioni declassificate. Bene, ha detto, ma servono due cautele: è importante utilizzare solo informazioni che rappresentino correttamente gli eventi; bisogna farvi ricorso con giudizio perché “se non si sta attenti, si sminuisce il servizio e si perde l’effetto”.

Se l’Ucraina è stato un successo, lo stesso non si può dire del ritiro occidentale dall’Afghanistan due anni fa. Sir Simon è stato rappresentante del primo ministro per la transizione dal 2021 al 2022 e dal 2011 al 2012 era stato alla Nato come senior civilian representative nello stesso Paese. “Non avevamo previsto, per esempio, la velocità con cui i Talebani hanno preso il sopravvento in Afghanistan”, ha ammesso Sir Simon. “Avendo parlato con i Talebani”, ha aggiunto, “nemmeno loro”.

Ma una lezione a lungo termine di queste crisi, ha spiegato, è che coloro che si occupano di valutare l’intelligence, che è spesso ambigua e frammentaria, devono avere “coraggio analitico” nell’affermare una conclusione. “Un’analisi scadente porta il leader sulla collina e poi lo lascia lì solo a trarre le proprie conclusioni”.

Chi ha previsto l’invasione e chi no. Il racconto dell’ex capo delle spie britanniche

Uk e Usa erano allineati mentre Francia, Germania e altri alleati (anche l’Italia?) non riuscivano a convincersi che Putin avrebbe fatto “qualcosa di così stupido”. Cos’ha detto sir Simon Gass, ex presidente del Joint Intelligence Committee, all’Economist

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