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L’affermazione di Elly Schlein ai gazebo del Pd – al di là di chi ha realmente votato in quei gazebo come ci dicono i vari sondaggisti – introduce nel dibattito politico italiano il ritorno delle identità. A cominciare proprio da quella del Pd. Perchè, al di là di ciò che recita in coro il “politicamente corretto”, è indubbio che il profilo e la “mission” progettuale del Partito democratico sono destinati a cambiare radicalmente rispetto a quelli delle origini. E questo perché con il voto del 26 febbraio torna una nuova versione della sinistra. Ovvero, una sinistra radicale, massimalista, libertaria ed estremista. Una postura che chiude irreversibilmente, e forse definitivamente, la stagione che ha caratterizzato l’esordio dell’esperienza del Partito democratico.

Una stagione, quella che si è aperta con l’esito del voto del 26 febbraio, che si basa nuovamente sulla logica di un “bipolarismo selvaggio” che sfocerà ben presto nella deriva degli “opposti estremismi”. Non è un caso, del resto, che la prima mossa pubblica della nuova segretaria del Pd è quella di scendere in piazza “contro il ritorno del fascismo” questo sabato alla manifestazione di Firenze. E, com’è facile prevedere, per difendere la libertà contro l’imminente dittatura, la compressione delle libertà, la deriva illiberale e simili amenità. Ma questo conferma che, come diceva giustamente Luca Ricolfi, la nuova guida del Pd farà vedere “i sorci verdi” alla maggioranza di governo, appoggiata dai grandi organi di informazione, ma che difficilmente riuscirà ad aggregare un consenso maggioritario e in grado di insidiare realmente la compattezza e i consensi del centro destra.

Ed è proprio su questo versante che le identità politiche e culturali avranno nuovamente un ruolo decisivo nello scacchiere politico italiano. Il che, comunque sia, può anche essere un fatto decisamente positivo ai fini di una maggior trasparenza dello stesso dibattito politico. Ed è proprio il ritorno delle identità che semplifica il confronto e la costruzione di nuove prospettive politiche.

È di tutta evidenza che le forze di centro, moderate, riformiste e di governo non possono che traslocare definitivamente da luoghi politici che fanno dell’estremismo politico e del massimalismo ideologico la loro ragion d’essere. Certo, il problema non riguarda la “casta” parlamentare e quelli che occupano ruoli di potere all’interno del Pd e che sbandierano la loro appartenenza alla cultura popolare. Il tema riguarda le persone, i mondi vitali e gli elettori che semplicemente abbandonano un soggetto politico che non rappresenta più i valori, i principi, la storia e la cultura di chi si riconosce in partiti che sono alternativi alla deriva radicale, estremista e massimalista.

Ed è per questi motivi che una delle culture politiche fondative del Pd, cioè i cattolici popolari e i cattolici sociali, sono “scesi in campo” per contribuire ad aprire adesso una nuova fase politica nel nostro Paese. E, soprattutto, per rafforzare e consolidare un progetto politico di Centro che riesca a dispiegare sino in fondo una diversità rispetto a chi fa della contrapposizione frontale con l’avversario/nemico la sua ragion d’essere con la relativa, e conseguente, delegittimazione morale e politica di chi non la pensa come te.

Insomma, l’esito delle primarie di domenica scorsa non solo ha chiuso l’esperienza fondativa del Pd e la natura e il profilo di quel partito ma, soprattutto, ha innescato un meccanismo che ridisegnerà la geografia politica italiana partendo proprio dal decollo di un Centro e di una “politica di centro” che individuano nella cultura e nella tradizione del cattolicesimo popolare e sociale uno degli artefici principali e decisivi.

Schlein, tornano le identità. I Popolari verso il Centro visti da Merlo

L’esito delle primarie non solo ha chiuso l’esperienza fondativa del Pd e la natura e il profilo di quel partito ma, soprattutto, ha innescato un meccanismo che ridisegnerà la geografia politica italiana partendo dal decollo di un Centro e di una “politica di centro” che individuano nella cultura e nella tradizione del cattolicesimo popolare e sociale uno degli artefici principali e decisivi. Il commento di Giorgio Merlo

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