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L’incursione di una ventina di droni russi sulla Polonia suscita vari interrogativi e discussioni. È tuttora avvolta dall’incertezza. Tutte le parti in campo nel confronto strategico fra Nato e Russia danno interpretazioni che “tirano l’acqua al loro mulino”. Differenze esistono anche all’interno dei due campi, soprattutto in quello occidentale.

Esse riguardano innanzitutto se si sia trattato di un attacco deliberato, oppure di un errore tecnico dei russi o, infine, di un’interferenza elettronica ucraina, volta a smuovere Trump dalla sua ambiguità nel contrasto all’aggressione russa. Coloro che sostengono che si sia trattato di un’azione deliberata, si dividono fra quelli che pensano che sia stata una provocazione; quelli che la ritengono un’intimidazione e coloro che pensano che Putin abbia voluto sfruttare i successi ottenuti in Alaska e in Cina per rafforzare la sua immagine interna e internazionale, umiliare di fatto gli Usa e indebolire la fiducia dell’Occidente. Taluni commentatori “più arditi” sono giunti a sostenere che l’intrusione di droni russi in Polonia sia stata addirittura concordata fra Putin e Trump, per convincere i “volonterosi” della Nato a non contrastare le intese fra gli Usa e la Russia sul loro “piano di pace”, cioè di resa e spartizione dell’Ucraina. In pratica, questi ultimi sostengono che, se Trump non ha dato “luce verde” per il lancio di droni sulla Polonia, avrebbe comunque dato ad esso “luce gialla”, perché irritato dalle interferenze europee.

Tale “zig-zag” della politica trumpiana, si è verificato anche per i droni sulla Polonia. Gli altri Paesi Nato condannavano la Russia attribuendole una precisa intenzione dell’attacco e, quindi, la sua responsabilità. Non sono però riusciti a mettersi d’accordo su quali sarebbero stati gli obiettivi e le possibili ragioni. Il più salomonico di tutti è stato il Segretario Generale della Nato, Mark Rutte, pronto a qualsiasi cosa pur di salvaguardare l’unità dell’Alleanza e di mantenere l’impegno Usa per la difesa dell’Europa. Egli ha sostenuto la “strana” tesi: sia che l’attacco sia stato deliberato, sia che fosse conseguenza di un errore meramente tecnico russo sarebbe, in realtà, la stessa cosa; non avrebbe cioè alcuna importanza.

La reazione Nato alla sfida posta dai droni russi è stata, per ora, alquanto limitata, a parte le solite dichiarazioni di intenzione che vengono accolte dal Cremlino con indifferenza e sarcasmo.

Da un punto di vista di adeguamento della difesa collettiva dell’Alleanza, Danimarca, Francia, Germania e Regno Unito hanno inviato in Polonia 3 aerei da caccia a testa. Ma il problema della difesa dei cieli europei dalle nuove minacce, in particolare da quelle dei droni, non dovrebbe comportare provvedimenti solo limitati. Non può ridursi alla semplice difesa, ma deve estendersi alla deterrenza degli attacchi, cioè alla capacità di colpire le basi da cui essi partono. Inoltre, le misure di contro-aviazione non possono essere solo tecnologiche, ma devono estendersi ai rapporti di costo fra attacco e difesa. Una difesa come quella Nato in Europa, basata su Patriot e Intercettori sofisticati, comporta un costo medio per abbattimento di un drone di un milione di dollari (dal costo medio di 10,000$, come i Gerbera russi lanciati sulla Polonia).

Inoltre, mentre gli ucraini riescono ad abbattere l’80% dei droni lanciati sull’Ucraina, le forze aeree polacche, baltiche e tedesche intervenute contro i droni russi, ne hanno abbattuto solo il 20% di quelli entrati nello spazio aereo della Polonia. È stata una dimostrazione dell’entità e complessità dei problemi che deve affrontare l’Alleanza.

I motivi che avrebbero indotto il Cremlino ad effettuare il “raid” possono essere stati molteplici e non esclusivi l’uno dall’altro. Certamente, la maggior parte è collegata con il conflitto in Ucraina. Vanno anche considerati: l’intrusione in Romania di un drone russo nella serata del 13 settembre, le provocazioni di aerei russi sulle coste nord della Norvegia e delle continue sfide all’Occidente sui media di Stato russi. Ciò fa sospettare che Putin stia attuando una strategia di intimidazione e di provocazione, strettamente connessa con l’azione diplomatica di Mosca e con la sua politica globale tra cui va ricordata la sua pretesa di esercitare un’influenza sull’intera Europa Orientale. Putin deve però far attenzione a non umiliare troppo Trump perché rischierebbe di vanificare i successi ottenuti in Alaska e in Cina, nonché di ricompattare l’Occidente e di vedere l’Ucraina riarmata anche dagli Usa e messa in condizioni almeno di prolungare la sua resistenza e d’infliggere perdite inaccettabili alla Russia, la cui economia sarebbe colpita da un’ondata di sanzioni anche secondarie decise dall’imprevedibile presidente americano.

Va precisato che gli Usa non hanno partecipato materialmente alla decisione di lanciare l’operazione “Sentinella dell’Est” della Nato, volto a rafforzare l’Est dell’Alleanza.

Non credo che esista una connessione tra l’incursione dei droni in Polonia con l’esercitazione “Zapad 25” che vede impegnate a nord di Minsk all’incirca 13.000 soldati russi e bielorussi con la partecipazione anche di reparti nucleari della Russia. Si tratta di un addestramento congiunto svolto ogni 4 anni dal Csto (Collective Security Treaty Organization). Quest’anno è incentrata sulla difesa del “corridoio di Suwalki” che separa la Polonia dalla Lituania.

L’Europa deve sbrigarsi a ricorrere rapidamente ai congrui programmi di approvvigionamento e della costruzione di una valida difesa aerea e anti-droni. L’apporto resta comunque indispensabile per ridurre a soli pochi anni l’adeguamento delle difese europee e a coprire l’attuale incapacità europea di provvedere alla propria difesa e, soprattutto, a un’efficace deterrenza con una Russia abituata a minacciare il ricorso all’impiego di armi nucleari.

Essenziale, al riguardo, è l’atteggiamento di Trump nei confronti dell’Ucraina e di riflesso dell’Europa. Il presidente americano sta diventando una figura tragicomica: almeno potenzialmente tragica per gli europei, sicuramente comica per Putin.

Speriamo che l’evento polacco convinca Trump che le blandizie verso Putin sono disastrose non solo per l’Occidente, ma anche per la sua presidenza e lo inducano ad adottare una politica più realistica quale è sempre stata quella seguita dalle varie amministrazioni americane dalla fine della Seconda guerra mondiale.

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