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“L’Italia ha fatto benissimo a collocarsi con chiarezza dalla parte dell’Occidente e della sua cultura, prima che delle scelte politiche occidentali. E naturalmente la filiera è Europa, Occidente, America”. Quindi le coordinate di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, “sono esattamente quelle della migliore Democrazia Cristiana”. Lo dice a Formiche.net il deputato Gianfranco Rotondi, tra i primi lo scorso anno a schierarsi dalla parte dell’attuale premier, che in questa conversazione fa un bilancio non solo del viaggio a Kyiv ma dell’insieme delle scelte fin qui attuate dal governo.

Che cosa significa il riferimento al Risorgimento fatto da Meloni a proposito dell’Ucraina?

Si tratta di un richiamo alle radici di questo Paese e anche alle lotte che l’Italia ha fatto per essere quello che è diventata oggi. È chiaro che una leader politica che ha fatto dell’identità nazionale un tratto distintivo anche della sua attuale azione politica fa bene a richiamare questa storia che, osservo, non appartiene solo alla cultura libresca: torniamo a essere orgogliosi di queste pagine.

Punto di partenza, ha detto il presidente del Consiglio a Kyiv, la granitica volontà italiana di assicurare ogni genere di supporto militare. Dimenticate le parole di Silvio Berlusconi?

Non le ho mai drammatizzate perché conosco Berlusconi che si concede delle libere uscite, spesso funzionali anche a captare stati d’animo che sente presenti nell’opinione pubblica e quindi, in un momento di bassa fortuna di Forza Italia, ha applicato la vecchia regola democristiana per cui non si butta via nulla. È andato a cercarsi consenso in territori in cui non si sarebbe mai avventurato ai tempi d’oro della grande Forza Italia che, per carità, non giustifica quelle parole ma in qualche modo le spiega. La maggioranza è univoca con il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri, compresa Forza Italia. E la visita a Kyiv è stata un successo.

Lo sforzo comune fatto da Roma e Parigi per i sistemi d’arma Samp-T può dare anche al governo italiano un ruolo nuovo in Europa?

L’Italia ha fatto benissimo a collocarsi con chiarezza dalla parte dell’Occidente e della cultura occidentale, prima che delle scelte politiche occidentali. E naturalmente la filiera è Europa, Occidente, America. Quindi le coordinate di Meloni sono esattamente quelle della migliore Democrazia Cristiana.

Anche il Financial Times, dopo l’Economist, il Times, il Frankfurter Allgemeine Zeitung e Le Figaro di due giorni fa, ha avuto considerazioni positive per il lavoro fin qui fatto dal governo. Se lo aspettava?

Quando, non a Londra né a New York, ma a Roma, io ho detto mesi prima del voto che avrei appoggiato la Meloni come presidente del Consiglio non è che tutti mi abbiano battuto le mani, perché si è portati a riconoscere alcune qualità quando il titolare delle qualità è nel giro di quelli che contano. Ma la capacità sta nel dirle prima e io questa capacità ho la presunzione di averla avuta: adesso tutti riconoscono quello che poteva essere osservato anche prima. Meloni ha fatto una traversata nel deserto ma anche quando era nel Popolo della Libertà, quando era ministro di Berlusconi, quando ha fondato Fratelli d’Italia: non è mai stata né un’estremista né una persona superficiale. Quindi io trovo un’assoluta continuità tra la Meloni che ho conosciuto, giovane vicepresidente della Camera quasi vent’anni fa, e la Meloni che oggi presiede il governo. C’è la stessa persona con le stesse qualità, le stesse attitudini ad approfondire le questioni, a non farsi sorprendere impreparata, a fare scelte coraggiose. Non sono sorpreso, ma mi sorprende che alcuni si sorprendano.

C’è un dividendo politico con cui torna a casa Meloni dopo la visita a Kyiv?

Non penso che lei si ponga il problema di un dividendo politico, perché raramente cerca convenienza nelle cose in cui crede, bisogna riconoscerglielo. Ha posizione il suo partito prima e il suo governo poi su una linea atlantista e rigorosa nelle scelte difficili e ha messo nel conto anche di perdere dei voti. Quindi penso che lei non si preoccupi tanto di un dividendo attivo, né del dividendo passivo delle perdite: le ha messe nel conto, le accetta, ma non le considera più importanti dei valori che va a testimoniare.

La decisione sul superbonus va proprio in questa direzione?

Anche qui trovo che ci si riempia la bocca di centrismo e di invocazione di politiche liberali, ma poi quando il governo fa una scelta che è di equilibrio, di moderazione e di cultura liberale, qualcuno se ne dolga. Bocciare il populismo significa fare scelte impopolari. Trovo surreale che anche Forza Italia, pur ribadendo alcune cose giuste, si metta quasi a fare il controcanto al populismo grillino. Bisogna dire con chiarezza che il superbonus, scritto come l’aveva scritto il governo Conte, era economicamente insostenibile. Era solo questione di tempo: non si può affidare una necessità strutturale come la rigenerazione del patrimonio edilizio italiano a una misura fiscale.

Guardando al 2024, c’è la possibilità che anche la prossima Commissione europea sia il frutto di un governo politico?

Popolari e conservatori, questa la strada maestra che porta anche un protagonismo dell’Italia, perché in quel caso l’Italia potrebbe trovarsi ad esprimere l’unico premier di questa potenziale maggioranza. Popolari e conservatori possono essere la nuova maggioranza dell’Europa, come l’antico slogan della vittoria di José María Aznar.

Quali gli errori da evitare?

Secondo me bisogna che tutta la maggioranza assuma il codice comunicativo del presidente del Consiglio, cioè parlare poco e solo quando è necessario. Credo che si stia muovendo bene perché dosa la comunicazione e, a mio avviso, queste pillole di saggezza comunicativa andrebbero condivise con tutta la squadra politica della maggioranza.

@FDepalo

Europa, Occidente, America. Rotondi svela le coordinate del governo

“La visita a Kyiv è stata un successo”, spiega il deputato democristiano eletto tra le fila di Fratelli d’Italia. “Adesso tutti riconoscono quello che poteva essere osservato anche prima. Meloni ha fatto una traversata nel deserto. Un consiglio alla maggioranza? Assuma il codice comunicativo del presidente del Consiglio, cioè parlare poco e solo quando è necessario”

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