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“Indipendenza è una parola da evitare” quando si parla di Regioni e autonomia, dice a Formiche.net l’ex ministra del Sud e attuale presidente di Azione, Mara Carfagna. Il punto della sua visione, anche alla luce dell’ultima esperienza nell’esecutivo guidato da Mario Draghi, è che la Costituzione già regola territori e riequilibrio delle disuguaglianze, per cui nella bozza Calderoli quegli elementi provocatori sono stati accantonati, osserva.

In base alla sua esperienza di ministro del Sud, come evitare che l’autonomia diventi un moltiplicatore di differenze?

È semplice: si deve rispettare la Costituzione, che collega l’autonomia delle Regioni alla garanzia di un riequilibrio delle diseguaglianze di servizi e di diritti tra i territori. E dunque non può esserci autonomia senza prima la definizione e il finanziamento dei livelli essenziali di prestazione che devono essere assicurati a tutti i cittadini italiani indipendentemente dalla residenza. Si deve assolutamente superare il principio della spesa storica, che negli anni ha solo alimentato discriminazione e diseguaglianza. Nella bozza Calderoli questo non c’era, si trattava di un testo provocatorio e inaccettabile. Ed è stato opportunamente accantonato.

Maggiore indipendenza senza che le Regioni rinuncino ai servizi essenziali: si può fare?

Indipendenza è una parola da evitare. Richiama l’Italia pre-unitaria degli staterelli indipendenti, alla quale spero nessuno faccia riferimento negli anni Duemila. La definizione e il finanziamento di un livello minimo di prestazione valido ovunque è possibile: con il governo Draghi l’abbiamo portata a termine per tre servizi essenziali come gli asili nido, il trasporto scolastico degli studenti con disabilità e gli assistenti sociali, finanziati con circa due miliardi di euro.

Quali sono le possibilità di crescita per il Mezzogiorno, come emerso dal summit di Sorrento della scorsa estate?

Il Sud ha un potenziale enorme, per crescere e per trainare nella crescita l’intero Paese, per essere protagonista delle grandi e complesse sfide di questi tempi. Intanto una ha posizione geografica strategica, come ponte naturale sul Mediterraneo. Ma ha anche competenze, capacità e una grande voglia di mettersi in gioco. La novità, stavolta, è che grazie al Pnrr ci sono anche le risorse necessarie per un serio piano di investimenti e c’è il vincolo dell’Europa per cui i soldi devono essere spesi, spesi bene e nei tempi stabiliti. Su questo con il governo Draghi avevamo avviato un lavoro importante, per fare del Mezzogiorno una grande piattaforma logistica nel Mediterraneo: penso agli interventi sulle Zes, sui porti, sui collegamenti, sull’Alta velocità ferroviaria. Mi auguro che il nuovo governo prosegua sulla strada tracciata. In particolare sulla quantificazione degli investimenti per il Mezzogiorno, che avevamo fissato a quota 40 per cento del totale.

Al di là della manovra, vi è un possibile terreno su cui l’opposizione responsabile di Azione può interloquire con il governo, come sul sostegno all’Ucraina o sull’esecuzione del Pnrr?

La nostra, lo abbiamo detto più volte, sarà un’opposizione senza pregiudiziali. Giudicheremo il governo sui provvedimenti, sui contenuti. E va detto che sotto questo profilo il primo mese del governo delle destre è stato molto deludente, tra il pasticcio sul decreto anti rave party, un Sottosegretario alla salute che mette in dubbio l’efficacia dei vaccini, un ministro che giura nelle mani del capo dello Stato come ministro per il Sud e il Mare e dopo qualche settimana diventa ministro per la Protezione civile e per le spiagge, il testo sull’autonomia. E poi, la manovra che rivela tutta la fragilità del populismo e del sovranismo: prendono voti promettendo l’impossibile e poi vanno a sbattere contro i dati della realtà. Un grande inganno agli elettori.

Cosa comporta politicamente la presidenza di Azione e l’indirizzo imboccato dal Terzo Polo?

La presidenza di Azione rappresenta per me una grande sfida: ricostruire il centro italiano e farne il punto di riferimento per tutti quegli elettori che non si riconoscono né nel sovranismo delle destre né nel populismo del M5S, entrambi al tramonto. Allo stesso tempo sento anche la responsabilità di strutturare questo partito giovane, di radicarlo sul territorio. L’obiettivo è diventare il primo partito italiano. Ed è una missione tutt’altro che impossibile.

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“Con il governo Draghi avevamo avviato un lavoro importante, per fare del Mezzogiorno una grande piattaforma logistica nel Mediterraneo: penso agli interventi sulle Zes, sui porti, sui collegamenti, sull’Alta velocità ferroviaria. La nostra sarà un’opposizione senza pregiudiziali. Giudicheremo il governo sui provvedimenti e sui contenuti”. Intervista all’ex ministra del Sud e attuale presidente di Azione, che vuole farne il primo partito d’Italia

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