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I toscani hanno uno stile, c’è poco da fare, che porta inciso nel Dna il senso della battuta fulminante, della cartavetrata, del grottesco che cela il drammatico. E del “sentirsi a proprio agio” anche in contesti che per altri risulterebbero rovesciati rispetto a ciò che noi tutti chiameremmo vantaggio. Vogliamo parlare della prosa urticante di Montanelli e Malaparte? E che dire del gusto dissacrante del grande politologo Sartori, l’inventore del latinorum delle leggi elettorali farlocche, o della comicità finto-ingenua ma condita col vetriolo di Panariello e quella straniata e pierrottesca di Benigni?

Benigni, per esempio, nel ’94 fece incassi stupefacenti con un film, “Il mostro”, che giocava sul ricordo recente del “mostro di Firenze”: solo una manciata di anni prima aveva imperversato nelle cronache nere nazionali un serial killer (forse uno, forse anche di più, non si saprà mai) che i media avevano battezzato così, strizzando l’occhio alla letteratura di genere americana.

Se Matteo Renzi scrive un libro autobiografico e lo chiama “Il Mostro”, allora si esprime con titoli, parole e concetti che celebrano innanzitutto la sua ineluttabile toscanità. In verità “Il Mostro”, edito da Piemme (che, a ben vedere in acronimo farebbe PM, come Pubblico ministero, figura alquanto presente nella fatica letteraria renziana..), aveva già fatto la sua uscita in libreria, con buon successo di vendite, nel maggio del 2022, meritandosi anche un cameo da Carlo Nordio, allora magistrato in pensione, oggi ministro della Giustizia nel governo Meloni, che ne auspicava la lettura alla Scuola Superiore della Magistratura.

Il libro, però, è tornato in libreria, con evidente aspirazione al long seller, in edizione economica e con 75 pagine in più. Si tratta di pagine importanti, che raccontano dell’epilogo assolutorio dei procedimenti a carico dei suoi genitori, della caduta di Mario Draghi e del primo governo Meloni.

Matteo Renzi, quale che possa essere il giudizio sulle sue scelte, rappresenta un unicum sulla scena pubblica nazionale. È probabilmente in natura ciò che più somiglia all’idea del politico della prima Repubblica coltivata nell’immaginario degli italiani: costruttore di strategie (ebbe sicuramente visione nel concepire la riforma costituzionale che rivedeva il ruolo delle Regioni, di fatto rompeva il bicameralismo perfetto e aboliva un po’ di reperti del passato come le Province e il Cnel) e velocissimo gestore di tattiche (con truppe ridotte ha fatto e distrutto il governo Conte II e promosso il governo Draghi).

Con quella faccia un po’ così che sembra tirarti per il naso verso terre incognite per te, ma notissime a lui, lo trovi sempre sul pezzo e, laddove il pezzo stenta, una battuta bruciante vi seppellirà. I modelli? Non De Gasperi o Moro, ieratici e poco sanguigni, ma un incrocio tra l’aretino Fanfani, toscano come lui e certamente non passato alla storia per la sua timidezza, e il napoletano Cirino Pomicino, uno che ti dice in faccia con l’aria di raccontare la critica della ragion pura che la politica non è roba per anime belle. Gente così in giro non ce n’è, c’è poco da fare: ai più manca il mestiere, ad altri la cultura, a tutti la cazzimma in formato toscano.

Ma Renzi è un unicum anche per la sua proverbiale egolatria. Capiamoci: un po’ narciso ed egolatra il politico dev’essere, perché bisogna credere in sé stessi per convincere gli altri. Ma non bisogna mai esagerare, perché in questo paese si finisce subito nel catalogo degli antipatici e l’antipatico regge fino a quando ha il potere (dobbiamo fare l’elenco dei premier antipatici di successo?), ma viene massacrato non appena quel potere lo perde (dobbiamo fare l’elenco degli antipatici che perdono il potere?). E Matteo la parabola l’ha vissuta tutta: lui antipatico di successo in un mondo di leggiadri piacioni un tanto al kilo, non si è mai sottratto e ha pagato tutto fino in fondo. Anche di più del necessario, se si mette nel conto il tormento giudiziario.

Queste 75 pagine di aggiunta al Mostro valgono il prezzo di copertina perché raccontano di una esperienza di vita segnata dall’attacco mediatico-giudiziario, di rapporti umani, come quello con l’ex premier finlandese Stubb, messi alla prova dall’esplosione delle notizie sull’attività delle Procure contro di lui, dell’isolamento cui fu costretto come si conviene all’appestato in quei giorni difficili.

Come inquadrare questo lavoro dell’ex premier se non come una rivendicazione di dignità? Una cosa va detta del Renzi dei nuovi giorni rispetto a quando faceva il presidente del Consiglio: la sua capacità di silenzio, di star dietro al partner Calenda, di percorrere la via della coabitazione piuttosto che quella del protagonismo, sono un inedito. Una prova di maturità o forse la scoperta di una tonalità nuova nella tavolozza infinita dei colori della politica? Vedremo.
Per chi non ricordasse l’epilogo del “Mostro” di Benigni l’assassino non era lui, ma l’insospettabile insegnante di cinese.

Phisikk du role - Renzi, il Mostro 2. La vendetta

Il libro dell’ex premier è tornato in libreria, con evidente aspirazione al long seller, in edizione economica e con 75 pagine in più. Si tratta di pagine importanti, che raccontano dell’epilogo assolutorio dei procedimenti a carico dei suoi genitori, della caduta di Mario Draghi e del primo governo Meloni. La rubrica di Pino Pisicchio

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