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Recuperare la fiducia persa è operazione titanica, farlo due volte è quasi impossibile. A Zurigo, quartier generale del Credit Suisse, se ne stanno accorgendo. Un mese fa il secondo istituto elvetico, una delle prime banche d’affari d’Europa, è stato ripreso per i capelli dopo una crisi covata per anni ed esplosa sotto forma di panico e fuga dei risparmiatori.

Il cavaliere bianco risponde al nome di Ubs, il maggiore tra gli istituti della Confederazione, che per 3 miliardi (ma con nove messi a garanzia dalla Banca centrale svizzera) ha evitato che Credit Suisse saltasse per aria, trascinando nel maelstrom decine di migliaia di obbligazionisti. Tutto risolto? Nemmeno per sogno. La banca di Zurigo sarà anche salva, ma la diffidenza, il virus peggiore nella finanza, rimane. Tradotto, i clienti della banca, quei pochi rimasti, continuano a cambiare strada.

La prova è nella nota che ha accompagnato la pubblicazione del bilancio del Credit Suisse. I correntisti dell’istituto di credito svizzero stanno continuando a togliere i loro soldi dai depositi. Nel primo trimestre di quest’anno il gruppo elvetico ha registrato “significativi deflussi netti di asset”, cioè una fuga di depositi pari a 61,2 miliardi di franchi svizzeri (68 miliardi di dollari al cambio di 0,8920 franchi per un dollaro e circa 62 miliardi di euro al cambio del 24 aprile), il 5% degli asset in gestione a fine 2022. La fuga di denaro dai depositi “ha rallentato ma non si è ancora invertita”.

Che cosa succede? Semplice, i risparmiatori non credono più alla banca e, probabilmente, a chi la amministra. “Questi deflussi, che sono stati più acuti nei giorni immediatamente precedenti e seguenti l’annuncio della fusione con Ubs si sono stabilizzati a livelli molto più bassi ma non hanno ancora invertito la tendenza al 24 di aprile” si legge nel comunicato sui risultati trimestrali della banca.

Meno male che i risultati finanziari di Credit Suisse nel primo trimestre, proprio grazie al passaggio a Ubs, sono positivi: l’utile è balzato a 12,4 miliardi di franchi, contro una perdita di 1,39 miliardi nello stesso periodo del 2022, in seguito alla svalutazione di 15 miliardi di franchi dei titoli subordinati At1, deciso per favorire la transazione con Ubs, spinta dal governo elvetico. I deflussi di capitali avevano raggiunto i 123,2 miliardi di franchi nel 2022, di cui 110,5 miliardi nel solo quarto trimestre. Alla fine dello scorso anno, il patrimonio gestito dall’istituto di credito era di circa 1.290 miliardi di franchi, quello di Ubs ammontava invece a 3.960 miliardi.

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