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Un nuovo report sulla governance africana rileva che gran parte del continente è “meno sicuro, protetto e democratico” rispetto a 10 anni fa, citando un’impennata di colpi di stato e conflitti armati. L’arretramento democratico minaccia ora di invertire decenni di progressi compiuti in Africa, secondo un indice di governance compilato dalla Mo Ibrahim Foundation che rileva come il continente sia stato interessato da 23 colpi di stato, riusciti o tentati, dal 2012 a oggi.

Il fenomeno dei colpi di Stato, che era comune negli anni ’80, sembra essere tornato di moda in alcune parti dell’Africa, mentre cresce il ritmo di espansione di conflitti e dinamiche di instabilità e insicurezza collegate alle attività di gruppi armati spesso collegati al mondo del radicalismo islamico.

La fondazione, creata da un miliardario britannico nato in Sudan che sta usando la sua fortuna per promuovere la democrazia e la responsabilità politica in Africa, cita otto colpi di stato riusciti solo dal 2019. Il Mali e il vicino Burkina Faso ne hanno visti due ciascuno in questo stesso periodo, destabilizzando ulteriormente una parte del mondo già assediata dai militanti islamici.

Nell’ultimo decennio, quasi il 70% degli africani ha visto diminuire la sicurezza e lo stato di diritto nei propri Paesi. Secondo l’indice, più di 30 Paesi sono diminuiti in questa categoria. Il Sud Sudan si è classificato in fondo, seguito da Somalia, Eritrea, Congo, Sudan, Repubblica Centrafricana, Camerun, Burundi, Libia e Guinea Equatoriale.

Il report ha evidenziato che la violenza governativa contro i civili e i disordini politici è aumentata in tutta l’Africa dall’inizio della pandemia, con i governi che hanno usato restrizioni per reprimere il dissenso. “Sebbene questa tendenza sia precedente alla pandemia, le azioni antidemocratiche esistenti sono state accelerate dall’introduzione di misure restrittive e disposizioni di emergenza che sono state lasciate in vigore per un periodo di tempo prolungato”.

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