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Alcuni osservatori ritengono che i leader europei riuniti a Bruxelles per il Consiglio Ue possano, tra gli altri dossier, fare pressioni su Kiev perché intavoli una trattativa con Mosca. Le aspettative riprendono le recenti notizie del presidente Usa Joe Biden, che si era detto disponibile a parlare con Vladimir Putin, e del presidente francese Emmanuel Macron, che aveva rilanciato parlando delle garanzie di sicurezza che andranno offerte alla Russia quando la guerra sarà finita.

Se è vero che Putin avrebbe una gran voglia di uscire dal pantano in cui si è cacciato, questa uscita dovrebbe avvenire con modalità che gli consentano di salvare la faccia in patria, ovvero un qualche vantaggio tangibile per i russi. Uno scenario con cui gli ucraini non saranno (giustamente) d’accordo. A complicare la questione c’è il fatto che entrambe le parti sperano ancora di guadagnare vittorie sul terreno l’anno prossimo, soprattutto Kiev, galvanizzata dal copioso sostegno occidentale.

I più critici, come il presidente lituano Gitanas Nauseda ricordano che le proposte di colloqui di pace non hanno origine né in Ucraina né in Russia, a rimarcare come le due parti non vogliano ora negoziare. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha sottolineato come al massimo la Russia sia interessata a congelare il conflitto, in attesa di riorganizzare le forze per una nuova offensiva, verosimilmente in primavera.

Intervistato da Politico, un portavoce del ministero della Difesa ucraina, Yuriy Sak, ha affermato che “sebbene sia oggettivamente difficile prevedere quando e come finirà esattamente questa guerra, ritengo che l’Ucraina vincerà. Ripristineremo la nostra integrità territoriale all’interno dei confini riconosciuti a livello internazionale”, con chiaro riferimento alla penisola di Crimea, annessa dai russi nel 2014.

Dall’altra parte, Putin e i suoi alleati hanno investito una tale quantità di capitale politico in questa guerra che qualunque passo indietro risulterebbe molto probabilmente in un cambio di regime al Cremlino. Ma non solo. Ormai le relazioni tra i due contendenti si sono talmente degradate che anche una leadership diversa in Russia potrebbe non avere la forza (lasciamo perdere il discorso della volontà) di districarsi dalla guerra, come ricorda l’analista del Cnas Kendall-Taylor.

Rimane la questione delle armi che l’Occidente, per la stragrande maggioranza gli Stati Uniti, sta fornendo all’Ucraina. Il delicato bilanciamento che Washington persegue è quello di impedire che l’Ucraina venga mangiata dal nemico, ma al contempo si vuole evitare che Kiev sia in grado di colpire eccessivamente l’invasore russo. Il problema di questa strategia, per gli Ucraini e per gli europei è che porta il conflitto allo stallo, prolungandolo per anni. Un esempio dei timori occidentali è che Kiev punti effettivamente a riconquistare la Crimea e che Mosca reagisca con armi nucleari, portando il conflitto a uno scontro diretto tra Russia e Nato.

Di certo, prima o poi un negoziato dovrà avvenire. Si vedrà con quali condizioni sul campo.

Le proposte di far negoziare Mosca e Kiev si scontrano con la realtà

I leader europei riuniti a Bruxelles potrebbero sfruttare l’occasione per spingere l’Ucraina a negoziare con la Russia. Tuttavia, a prescindere dalla moralità della cosa, né Kiev né Mosca sembrano interessate a trattare al momento, dato che entrambe pensano di poter ottenere vittorie sul campo di battaglia nel 2023. Le armi occidentali galvanizzano il fronte dei difensori, mentre Putin deve salvare la faccia in patria

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