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È del tutto probabile che Palazzo Chigi resterà il cuore pulsante della politica estera italiana anche con il governo che Giorgia Meloni si appresta a guidare, soprattutto per quanto riguarda le relazioni euro-atlantiche e intra-Ue, con la Farnesina che farà da polmone tecnico (per capacità, esperienze e visioni) sotto la guida di un politico navigato come Antonio Tajani.

Alla soglia dei settant’anni, una vita spesa in politica, le sue posizioni moderate sono servite in questi giorni a tamponare la falla prodotta dall’uscita pro-Putin di Silvio Berlusconi. “Sono qui per confermare, ancora una volta, la posizione del mio partito, la mia posizione personale e quella del leader del mio partito, totalmente a favore della Nato e delle relazioni transatlantiche, a favore dell’Europa e contro l’inaccettabile invasione russa dell’Ucraina”: tanto si è trovato costretto a precisare al summit del Partito popolare europeo (Epp).

Berlusconi aveva spiegato con un post su Facebook di aver “delegato” Tajani, che è vice presidente di Forza Italia, di “presentare [agli alleati europei] la mia posizione personale e quella di tutta Forza Italia, che è di piena e totale adesione ai valori dell’Ue e dell’Alleanza Atlantica”. E Manfred Weber, il tedesco presidente dell’Epp, probabilmente cogliendo le difficoltà dell’alleato italiano, aveva risposto di essere “felice che Antonio Tajani sia qui. È la garanzia della posizione filo-atlantica di FI”, aggiungendo: “Come possibile ministro degli Esteri di questo governo, Antonio Tajani sarebbe un simbolo della continuità del nuovo governo italiano e della sua posizione pro-europea”.

Una linea su cui Meloni era stata già piuttosto chiara. “L’Italia è a pieno titolo, e a testa alta, parte dell’Europa e dell’Alleanza atlantica. Chi non fosse d’accordo con questo caposaldo non potrà far parte del governo, a costo di non fare il governo”, aveva detto a poche ore dalla diffusione di uno degli audio imbarazzanti in cui Berlusconi ragguagliava i suoi colleghi deputati e senatori sullo stato dei fatti (a suo modo di vedere) in Ucraina, avallando in qualche modo le mosse di Vladimir Putin e mettendo in discussione l’assistenza a Kiev.

Posizione semplicemente inaccettabile per Meloni, che ha condannato gli attacchi russi sui civili ucraini, che ha cercato in fase di ascesa di approfondire i contatti con gli Stati Uniti (anche tramite incontri in Via Veneto) e preso posizioni chiare su dossier delicati come quello che riguarda Taiwan. Tajani è un punto di intersezione e bilanciamento, da sempre su posizioni equilibrate ma chiare. Anche su temi cruciali per il momento come Russia, Cina e Unione europea (con cui c’è in ballo l’enorme partita energetica e quella connessa al Pnrr, nonché la gran parte delle proiezioni internazionali dell’Italia, come dimostra il valore dell’Accordo del Quirinale con la Francia).

“Sono profondamente convinto che l’unica istituzione a noi vicina che può avere la forza per trattare e farci rispettare con la Cina sia l’Unione Europea”, diceva ai tempi in cui era presidente dell’Europarlamento, Formiche.net, in un’intervista in cui commentava – ormai tre anni fa – la decisione italiana di aderire alla Nuova Via della Seta. “Un progetto cinese, pensato dai cinesi, su cui è giusto collaborare, ma con le dovute reciprocità che l’Ue sta chiedendo. Dobbiamo evitare colonizzazioni: il termine è magari forte, ma vediamo tutti quel che sta succedendo in Africa e Sudamerica?”.

“Credo che l’Italia abbia sbagliato a muoversi da sola perché da soli non siamo in grado di confrontarci con un Paese così forte”, spiegava. E qualcosa di simile lo ha detto, sempre intervistato su queste colonne, a proposito della Russia e delle sanzioni. “Tutti quanti siamo convinti che la Russia ha violato il diritto internazionale. Si discute certamente sulle ricadute interne delle sanzioni applicate. Siamo convinti che non si possa fare marcia indietro ma si debba trovare il modo per sostenere famiglie e imprese”.

In quell’occasione allargava anche l’ottica a qualcosa che è passato anche dal governo Draghi. “Un nuovo piano? Abbiamo scritto lo scorso otto di marzo alla Commissione europea per chiedere un nuovo Recovery, ovvero un’ Europa solidale dopo le difficoltà sorte all’indomani dell’invasione ucraina da parte della Russia”.

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