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Durante un meeting della Shanghai Cooperation Organization (Sco), il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, ha ammesso che la Repubblica Popolare Cinese nutre “dubbi e preoccupazioni” riguardo la guerra in Ucraina. E’ la prima volta che Putin afferma in pubblico una cosa del genere, dalla dichiarazione congiunta con Xi Jinping del 4 febbraio scorso in cui si affermava che l’amicizia tra i due Paesi “non ha limiti”. Nessuno dei due leader ha voluto approfondire l’uscita del Presidente russo, ma è facile intuire di cosa discutano in privato. Pechino si aspettava una rapida vittoria di Mosca e una veloce normalizzazione delle relazioni con l’Occidente, ed è avvenuto il contrario.

Le notizie dal fronte degli ultimi giorni mostrano una resistenza ucraina che, oltre ad avere riconquistato gran parte dei territori occupati, potrebbe puntare a colpire obiettivi russi in Crimea, un’area che fino a qualche mese fa era considerata inviolabile. E’ di pochi giorni fa la notizia secondo la quale la Marina Militare Russa avrebbe spostato i propri sottomarini classe Kilo da Sebastopoli alla più sicura Novorossijsk.

Dal punto di vista politico la guerra ha creato un disastro agli occhi di Pechino. L’alleanza Nato che avrebbe dovuto tentennare, se non sfasciarsi, di fronte al fatto compiuto appare più unita che mai e, anzi, sembra aver rinnovato il proprio slancio tra nuove adesioni e un’America più determinata e meno piegata a guardarsi l’ombelico. Peggio ancora, di fronte alla debolezza russa si sono riaccesi focolai di tensione che Mosca teneva sotto controllo: l’Azerbaijan ha attaccato l’Armenia e si sono verificati scontri con decine di morti al confine tra Tagikistan e Kirghizistan. Insomma, si aprono ulteriori scenari di instabilità nel continente Eurasiatico.

Non esattamente ciò che Pechino si augurava mentre ricomponeva pazientemente i delicati equilibri dell’area dopo il ritiro americano dall’Afghanistan. E’ tra l’altro verosimile che una rapida vittoria russa in Ucraina avrebbe aperto la strada a un possibile intervento simile a Taiwan da parte cinese, anche se la storia non si fa con i se e con i ma. Il dato di fatto oggi è che la Federazione Russa si trova a essere inevitabilmente a rimorchio della Cina, mentre quest’ultima non sa bene che farsene di un partner perdente in un’alleanza che diventa più un peso che non una risorsa.

Qualche elemento di conforto potrebbe venire dal “ Sud del Mondo”, l’area del globo apparsa più neutrale, talvolta addirittura filorussa, in questo grande conflitto geopolitico. La lotta contro l’egemonia statunitense passa in buona parte in questa parte di mondo. Ad essere sinceri sembrerebbe che alcuni “pesi massimi” dell’area, come l’India, non siano particolarmente felici della situazione attuale. A margine del vertice di Samarcanda, Narendra Modi ha pubblicamente rimproverato Putin dicendo che “l’era di oggi non è quella della guerra”, un’uscita a cui il presidente russo ha dovuto rispondere promettendo che il Cremlino farà del proprio meglio per fermare tutto il prima possibile. La scorsa settimana cento Membri delle Nazioni Unite hanno permesso al presidente ucraino Zelensky di tenere un discorso collegato da remoto. Nuova Delhi era tra questi cento, mentre Pechino si è astenuta.

L’alleanza tra Xi Jinping e Putin si basa fondamentalmente sul comune nemico americano, oltre che su un’intesa personale tra i due leader. Pechino considera ancora Mosca un partner importante, ma non vuole mettere a repentaglio l’accesso ai mercati e alla tecnologia occidentali violando le sanzioni troppo apertamente. L’incubo cinese oggi sarebbe vedere Vladimir Putin sostituito da un governo filo-occidentale, anche se l’ipotesi è piuttosto remota.

D’altra parte, una Russia indebolita proietta sempre di più la Repubblica Popolare verso il podio di potenza dominante in Asia Centrale. In questi termini, la Sco è ora vista come la base della politica estera cinese, il sostegno più forte su cui la Cina può contare negli affari globali. Finché non ci saranno miglioramenti in vista con Washington, la Cina continuerà a sentire l’esigenza di allineare la propria posizione con la Russia, come evidenziato anche dagli impegni concreti nella cooperazione economica, energia, infrastrutture, tecnologia. E’ piuttosto improbabile che Xi Jinping si impegni specificamente in un sostegno militare concreto o in aiuti militari alla Russia, direttamente collegati alla guerra in Ucraina, perché non è una guerra che la Cina sostiene. Non si oppone, ma non significa che la sostenga, anche per non alienarsi totalmente il campo occidentale.

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