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Energean ha annunciato la prima esportazione di greggio nella storia di Israele: dal giacimento di Karish su una petroliera, per giungere così ai vari mercati internazionali. Il carico è stato venduto nell’ambito di un accordo più ampio con Vitol e rappresenta la prima esportazione di energia da una nuova fonte nel Mediterraneo orientale. In sostanza si tratta di una primizia che permette di continuare a ragionare di energia e Mediterraneo in chiave sia di sicurezza (per tutti i soggetti coinvolti), che di geopolitica di alleanze e di relazioni. Cosa vuol dire questo carico per Israele e per la nuova geografia del Mediterraneo?

Il nuovo ruolo del Mediterraneo

Secondo Michele Masulli, direttore del comparto energia di I-Com, è questa un’iniziativa molto significativa per Israele anche in ragione della sua storia e della sua debolezza di produzione nazionale di gas e petrolio. “Oggi Israele diventa praticamente autosufficiente anche dal punto di vista del gas naturale proprio mentre la parte orientale del Mediterraneo, anche grazie agli accordi con l’Egitto la Giordania, è riuscita a ragionare su un tema come l’indipendenza energetica. Il Mediterraneo orientale assume una rilevanza notevole, anche alla luce di una capacità di diversificazione con l’Egitto che non va trascurata: ovvero il Mediterraneo si ritrova ad assumere una centralità rispetto al confine orientale dell’Unione europea”.

Si tratta, osserva, di un luogo peculiare dal momento che coincide con la flessibilità sulla guerra in Ucraina, diventando di fatto l’asse dello scambio di energia, dei flussi commerciali ed energetici con il resto dell’Ue. A ciò si deve aggiungere l’importante investimento in termini di sviluppo di nuovi giacimenti, come quelli scoperti dall’Eni.

Porta strategica

Nelle ultime due settimane si sono svolti due forum energetici molto interessanti, uno a Baku, con la presenza dei Paesi aderenti all’EastMed Forum e quello di Washington promosso dal Delphi Forum, mentre ieri l’amministratore delegato di Edison è tornato sull’importanza strategica del gasdotto EastMed. Quali le future azioni da programmare e attuare? “C’è grande attivismo anche internazionale – prosegue Masulli – lo dimostra la frequenza con cui questi forum puntano l’attenzione su quella parte del Mediterraneo che da anni è ormai una porta strategica. Ha trovato una sua centralità anche in riferimento ad altre opere infrastrutturali. Oggi si torna a discutere di opere funzionali all’apporto di idrogeno dopo che Spagna, Francia e Germania in qualche modo entrano tutti dal corridoio sud verso l’Unione europea. Per cui credo che queste opere siano funzionali in ottica di sicurezza continentale, dal momento che ad esempio l’Italia oggi ha la fortuna di disporre di tanti punti d’ingresso di gas”.

Il nostro Paese infatti è già oggi un hub dell’energia e del gas, grazie al gasdotto Tap (atteso a breve da una fase di raddoppio dei flussi) ma anche tramite il collegamento tra Algeria e Trapani. Guardando a nord spicca Tarvisio come punto di ingresso, senza dimenticare i rigassificatori esistenti e quelli in costruzione, con ulteriori prospettive di sviluppo (Piombino e Ravenna) per la capacità di identificazione di alcune riserve di carattere infrastrutturale.

EastMed

“L’Italia – precisa Masulli – sotto questo punto di vista è molto ben dotata e circa l’effettiva capacità di garantirsi approvvigionamenti utili, in questo quadro si mette a servizio di un tentativo di diversificazione delle forniture di ieri, al fine di rafforzare la sicurezza energetica dell’Unione europea. È chiaro che la capacità di diversificazione passa anche per nuovi gasdotti” conclude.

Il riferimento è al gasdotto EastMed, ovvero quell’infrastruttura che potrebbe consentire un’esportazione aggiuntiva di gas dal Mediterraneo orientale e rappresentare al contempo un’opportunità per il Mediterraneo stesso di diventare un polo di produzione.

@FDepalo

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