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Il rallentamento dei prezzi delle materie prime, sia agricole che industriali, era nell’ordine delle cose. Per quanto vadano distinte le ragioni.

Sul fronte dell’agricoltura, il calo di agosto – l’indice Fao è sceso dell’1,9% – è il quinto consecutivo, a livello mensile. Questo porta a dire che si tratta di un percorso consolidato. Infatti, eccetto che per il grano, per cui la Fao prevede un calo di produzione a livello mondiale nell’anno in corso, i mercati dei cereali si stanno stabilizzando, mentre i rincari di carni e oli vegetali appaiono modesti. Lo zucchero è invece in netto calo. Dopo le speculazioni legate allo scoppio della guerra russo-ucraina, che hanno fatto da booster a un trend di crescita di tutte le filiere, iniziato con la pandemia, l’agrifood mondiale sta tornando ad assestarsi. Anche se su altri livelli rispetto a due anni fa.

C’è una ragione geopolitica: l’attacco di Mosca viene sempre più derubricato a fatto di cronaca, piuttosto che priorità delle cancellerie internazionali. Ne consegue che gli investitori stanno sostituendo le preoccupazioni di inizio conflitto con uno stato d’animo più di routine nell’affrontare il dossier. Quanto durerà questa guerra? Era la domanda inevasa di marzo. Quanto durerà questa guerra? Tanto! È la risposta secca di oggi. Chi investe preferisce le brutte notizie, piuttosto che l’angoscia dell’incertezza. A questo si lega anche la riapertura dei canali di rifornimento navale via Mar Nero, che tra giugno e luglio aveva creato tensione tra gli operatori, ma anche materialmente una contrazione nella disponibilità delle derrate di grano e girasole. Infine, tema più globale e stagionale, siamo in fase di raccolta. Silos e depositi sono pieni e, onde evitare il deterioramento dei prodotti, i distributori sono disposti a rivedere la loro offerta.

Lo scenario è simile sul fronte delle commodity industriali. Secondo lo stock settimanale del London Metal Exchange, lo zinco ha perso il 10%, l’alluminio è a -7,6%, il rame fa -7%, il piombo flette del 5%. Numeri che confermano le previsioni di rallentamento delineate prima della pausa estiva. Anche qui siamo di fronte a un fenomeno di medio-lungo periodo e legato più alla pandemia che alle attuali emergenze di geopolitica ed economia internazionale. L’aumento della domanda globale da parte delle macro-regioni industrializzate (Asia, Nord America ed Europa) aveva fatto da fattore detonante dei prezzi. A questo era connessa la scarsa efficienza dei sistemi logistici internazionali e locali, che non si sono trovati impreparati a una ripresa repentina delle catene di produzione. Successivamente, le bollette fuori controllo e l’inflazione – generata anche dalle politiche espansive di Washington – hanno completato il teorema. Anche in questo caso però, si assiste a una fase di normalizzazione. Le imprese hanno stoccato abbastanza materia prima da non dover tornare a bussare ai fornitori. Non nell’immediato. A sua volta il rallentamento del manifatturiero cinese sta ridimensionando i numeri.

L’unico settore primario in controtendenza è quello energetico. Gli analisti concordano che i prezzi del gas rimarranno alti almeno fino al 2024. I tempi per un nuovo mix energetico made in Ue sono quelli. Non si può pretendere di accelerare.

No panic, si potrebbe quindi concludere. L’emergenza alimentare sbandierata dai giornali è solo uno strillo da pagina. Ok, va studiato un percorso di sustainable nutrition, ma su tempi più ponderati. Mentre le commodity industriali hanno dimostrato una propria resilienza. D’altra parte, è l’incertezza la vera compagna del realismo finanziario. Per esempio la transizione ecologica europea – con al centro l’e-car – che molti osannano e altrettanti temono quali sorprese ci riserva?

 

 

Materie prime, si contraggono i prezzi. Emergenza finita?

Di Antonio Picasso

L’emergenza alimentare sbandierata dai giornali è solo uno strillo da pagina. Va studiato un percorso di sustainable nutrition, ma su tempi più ponderati. Mentre le commodity industriali hanno dimostrato una propria resilienza. D’altra parte, è l’incertezza la vera compagna del realismo finanziario. L’analisi di Antonio Picasso, Competere

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