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Con la crisi irreversibile del Pd e il ritorno di un tradizionale e sempre più burocratico partito di sinistra; con la difficoltà, al momento, di dare una piena e fattiva cittadinanza ad una “politica di centro” nel campo del centro destra e, in ultimo, con la necessità di ridare importanza e ruolo alle tradizionali culture politiche per riabilitare e nobilitare la stessa politica dopo la sbornia populista e anti politica, è gioco forza che la tradizione del cattolicesimo popolare e sociale ritorni protagonista.

E questo non solo perché ha giocato un ruolo importante in tutti gli snodi più delicati della storia politica e democratica del nostro Paese ma anche, e soprattutto, perché questo filone ideale conserva tuttora una straordinaria attualità e modernità nella cittadella politica italiana. Di qui, forse, la motivazione che spiega i molteplici “appelli” rivolti ai cattolici e ai Popolari che si levano dai vertici di alcuni partiti per rafforzare il progetto politico complessivo dei rispettivi partiti.

Se da un lato si tratta di una iniziativa che rimarca ed esalta il ruolo che questa cultura politica può e deve ancora giocare nel dibattito pubblico italiano, dall’altra parte è altresì vero che la tradizione del cattolicesimo popolare e sociale non può ridursi ad avere un ruolo puramente ornamentale e periferico all’interno dei partiti. Detto in altre parole, i cattolici popolari e sociali non possono ridursi ad essere una piccola nicchia di potere a cui si regala una manciata di seggi parlamentari per giustificare la loro presenza in qualche partito.

Come, nello specifico, capita attualmente agli ex Popolari nel Pd, cioè un partito che legittimamente punta adesso ad essere l’espressione più autentica e più vera della storica e lunga filiera della sinistra italiana del Pci/Pds/Ds/Pd. Cioè la tradizionale esperienza politica comunista e post comunista italiana. Ora, recentemente, l’appello ai cattolici e ai Popolari è partito anche dai partiti di Renzi e di Calenda. E questo rappresenta un elemento importante perché un Centro dinamico, moderno, riformista e di governo è, da sempre, il luogo politico per eccellenza della lunga e nobile tradizione del cattolicesimo popolare e sociale. Non un luogo puramente geometrico ed immobile ma, al contrario, uno spazio di innovazione politica e di aggiornamento culturale ed ideale.

Ma questo può avvenire solo e soltanto se quello spazio politico non si riduce ad essere un partito “personale” o nella disponibilità del solo “capo”. Ma, al contrario, un partito plurale dove la “politica di Centro” viene costruita a definita attraverso l’apporto di più culture politiche e di filoni ideali altrettanto centristi, riformisti, democratici e di governo.

Comunque sia, i ripetuti “appelli” che provengono dal centro e dal centro destra ai cattolici e ai popolari di “scendere in campo” nei rispettivi partiti non può che essere raccolto sino in fondo. Una sfida e una scommessa che si basano, però, solo ed esclusivamente sulla politica, sui contenuti e sulle scelte concrete. E anche, e soprattutto, sul modello di partito che può accogliere quel contributo e far proprio, laicamente, quel giacimento di valori, di cultura e di progettualità politica.

Cresce l’appello ai cattolici e ai Popolari. Scrive Merlo

Il richiamo è partito anche dai partiti di Renzi e di Calenda. E questo rappresenta un elemento importante perché un Centro dinamico, moderno, riformista e di governo è, da sempre, il luogo politico per eccellenza della lunga e nobile tradizione del cattolicesimo popolare e sociale

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