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Quando nelle scorse ore dal territorio della Repubblica Islamica dell’Iran è stata lanciata una salva di circa centottanta missili balistici diretti contro Israele, come risposta agli attacchi israeliani in Libano che hanno portato all’uccisione del leader Hezbollah (milizia sciita e filo-iraniana) Hassan Nasrallah e del comandante del Corpo delle Guardie della Rivoluzione iraniane Abbas Nilforoshan, ad attivarsi non sono stati soltanto Iron Dome e gli altri sistemi di difesa dello Stato Ebraico (come il David’s Sling o il sistema Arrow). A contribuire alla neutralizzazione dell’attacco missilistico sono stati anche equipaggiamenti di Paesi partner di Israele.

A partire dagli Stati Uniti: nel corso di un briefing con la stampa del Pentagono, il Magg. Patrick Ryder ha dichiarato che due cacciatorpediniere della Marina statunitense dispiegate nell’area hanno sparato proiettili intercettori contro i missili lanciati dall’Iran. Tuttavia, non è ancora chiaro se i proiettili statunitensi abbiano effettivamente colpito i vettori persiani. Il Presidente Biden ha preso immediatamente posizione, affermando che gli Stati Uniti sono “pienamente solidali” con Israele dopo l’attacco di mercoledì: “Oggi, sotto la mia direzione, le forze armate degli Stati Uniti hanno sostenuto attivamente la difesa di Israele e stiamo ancora valutando l’impatto. Ma sulla base di ciò che sappiamo ora, l’attacco sembra essere stato sconfitto e inefficace. E questo testimonia la capacità militare di Israele e delle forze armate statunitensi”.

Ma non sono stati solo gli americani a contribuire a stoppare l’attacco iraniano. Anche le forze armate di Sua Maestà sarebbero state coinvolte in un’operazione di abbattimento dei missili, secondo quanto affermato dal Segretario alla Difesa John Healey: “Questa sera le forze britanniche hanno fatto la loro parte nel tentativo di prevenire un’ulteriore escalation in Medio Oriente. Voglio ringraziare tutto il personale britannico coinvolto nell’operazione per il suo coraggio e la sua professionalità”.

L’esercito israeliano ha dichiarato che sono stati registrati solo “pochi” colpi nelle zone centrali e meridionali del Paese, che hanno causato due feriti per via della caduta di schegge. Con tre tra le forze armate con il livello tecnologico più alto al mondo che hanno cooperato nel respingere l’attacco iraniano (il cui livello di sofisticatezza tecnologica non è certo paragonabile a quello occidentale), un risultato così ottimale non sembra certo una sorpresa. Eppure, la necessità di un intervento da parte dei partner anglo-americani sembra suggerire che l’offensiva di Teheran fosse tutt’altro che blanda. Tesi che sembra però essere smentita dai dati.

Secondo quanto riportato dai media iraniani, la componente missilistica dell’attacco sarebbe stata introdotta da un’estesa azione di guerra cibernetica volta a inficiare la capacità di reazione israeliana. Eppure, i sistemi israeliani (anche se coadiuvati da quelli alleati) sono stati in grado di neutralizzare la minaccia missilistica con un’efficacia che rasenta il 100%.

I media iraniani hanno anche riferito che nell’offensiva sarebbe stato impiegato per la prima volta anche il Fattah-1, un missile definito come “ipersonico” (ovvero capace di viaggiare a Mach 5, pari a cinque volte la velocità del suono, stimata a circa 6.100 chilometri all’ora). Ma gli analisti sottolineano che quasi tutti i missili balistici raggiungono la velocità ipersonica durante i loro voli, soprattutto quando si tuffano verso i loro obiettivi. E nella terminologia strategica, il termine “ipersonico” è spesso usato per riferirsi ai cosiddetti veicoli di planata ipersonici e ai missili da crociera ipersonici, armi altamente avanzate che possono manovrare a velocità ipersonica all’interno dell’atmosfera terrestre, rendendo estremamente difficile il loro abbattimento.

E il Fattah-1, secondo il ricercatore dell’International Institute for Strategic Studies Fabian Hinz, non rientra in questa categoria. Inoltre, alcuni analisti sostengono che il ricorso a queste armi non sarebbe stato vantaggioso per Teheran. “È uno dei loro missili balistici più recenti e hanno molto da perdere se lo usano”, ha detto l’ex tecnico di ordigni esplosivi dell’esercito americano Trevor Ball, “Israele si farebbe un’idea delle sue capacità già solo con il suo utilizzo. C’è anche la possibilità che non funzioni, dando a Israele un’idea ancora più precisa delle sue capacità. In questo modo si fa propaganda gratuita e non si rischia nulla dicendo che è stato usato”. Probabile quindi che la notizia del suo impiego abbia solo scopi propagandistici. Secondo gli analisti open-source che hanno analizzato i video disponibili sui social media, la maggior parte dei vettori impiegati dall’Iran nel suo attacco sarebbero varianti del missile balistico a propellente liquido Shahab-3, base di tutti i missili balistici a medio raggio presenti nell’arsenale iraniano. Le sue varianti più recenti, note come Ghadr ed Emad, avrebbero una circular error probable di circa trecento metri rispetto ai bersagli previsti.

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