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Il giorno successivo a quello delle elezioni parlamentari, quando i conteggi erano ancora in corso e gli unici risultati disponibili erano quelli parziali, la presidente georgiana Salome Zourabichvili si è rivolta al popolo georgiano, scegliendo toni e parole colmi di gravitas: “Non accetto l’esito di queste elezioni. Non può essere accettato, accettarlo significherebbe accettare la Russia in questo Paese, accettare la subordinazione della Georgia alla Russia […] Siamo diventati testimoni e vittime di un’operazione speciale della Russia. Ci hanno rubato il diritto di scelta, hanno portato avanti un’elezione russa”. Nel suo discorso, Zourabichvili ha invitato i sostenitori a radunarsi fuori dal Parlamento del Paese alle 19.00 di stasera.

I timori per l’influenza russa nel processo elettorale erano già emersi in passato. Ma le interferenze non sembrano essersi limitate soltanto a dinamiche di information warfare. Gli osservatori hanno segnalato la propria preoccupazione per la compravendita di voti, ma anche per “squilibri nelle risorse finanziarie, un’atmosfera di campagna divisiva e i recenti emendamenti legislativi”, aggiungendo che il periodo pre-elettorale è stato compromesso da minacce diffuse, molestie e in alcuni casi violenze, che hanno colpito elettori, attivisti e attori politici. Violenze apparentemente scoppiate anche sabato in diversi seggi elettorali del Paese, mentre gli elettori votavano.

A scrutinio pressoché terminato, il partito “Sogno Georgiano” controllato dall’oligarca filorusso Bidzina Ivanishvili si è assicurato il 54,2% dei voti, mentre “Coalizione per il Cambiamento”, principale coalizione d’opposizione composta da quattro partiti, e il “Movimento Nazionale Unito” fondato dall’ex presidente Mikheil Saakashvili hanno ottenuto rispettivamente il 10,8% e il 10,1% dei voti. Queste cifre delineano una maggioranza assoluta per “Sogno Georgiano”, che avrebbe abbastanza sostegno parlamentare per formare un governo “monocolore”. Con tutto quello che ciò implicherebbe.

Seppure all’interno di una coalizione, “Sogno Georgiano” è stata la forza trainante del governo del Paese caucasico durante gli ultimi dodici anni. In questo frangente, malgrado la netta retorica anti-russa adottata in un primo momento, il partito di Ivanishvili ha assunto una posizione sempre più vicina a Mosca. Il culmine di questo avvicinamento è stato raggiunto nella primavera di quest’anno, con l’adozione della cosiddetta “Foreign Agents Law, norma ispirata ad una già adottata dal Cremlino pochi anni prima che, tra le altre cose, richiede alle organizzazioni che ricevono più del 20% dei loro finanziamenti dall’estero di registrarsi come agenti di influenza straniera. “Sogno georgiano” aveva già provato a far approvare la legge l’anno precedente, facendo però marcia indietro in seguito alle veementi proteste della popolazione, che considerava la “Foreign Agents Law” come uno strumento di repressione dell’opposizione.

Questa volta invece, nonostante la popolazione georgiana avesse deciso in massa di tornare a protestare contro l’approvazione della norma, e nonostante il tentativo di veto a cui la stessa Presidente Zourabichvili ha fatto ricorso, “Sogno Georgiano” ha deciso di perfezionare l’iter legislativo, approvando la controversa legge (a cui si sono affiancati, nello stesso periodo, altri provvedimenti di carattere repressivo). Questa sterzata anti-liberale ha avuto un forte impatto sulla proiezione della Georgia sul piano internazionale, non solo avvicinandola alla Russia ma rallentando, addirittura fino a sospenderlo, il suo percorso di integrazione nell’Unione Europea, percorso avviato dieci anni prima, e che aveva raggiunto una svolta nel dicembre del 2023, quando Bruxelles ha concesso a Tbilisi lo status di Paese candidato.

Un tema, quello dell’adesione all’Europa, caro a molti georgiani. Secondo un sondaggio del National Democratic Institute, rilasciato proprio nel dicembre 2023, quattro quinti della popolazione del Paese sono favorevoli all’integrazione nella struttura europea. Europa che non è rimasta in silenzio, rilasciando una dichiarazione firmata da diversi esponenti politici dell’Unione in cui si dichiara che il voto non è stato “né libero né equo”, affermando anche che “In questo contesto, l’Unione Europea non può riconoscere il risultato”.

Ma in Europa c’è anche chi riconosce l’esito delle elezioni. Il primo ministro ungherese Viktor Orbán si è subito congratulato con il primo ministro georgiano Irakli Kobakhidze, esponente di spicco di “Sogno Georgiano”, per quella che ha definito una “Schiacciante vittoria alle elezioni parlamentari”. Il governo georgiano ha anche annunciato che proprio oggi Orbán si recherà in visita a Tbilisi. Lo stesso giorno in cui la Presidente del Paese ha chiamato a raccolta il popolo georgiano, ultima evoluzione di una profonda crisi istituzionale che la Georgia sta attraversando da molto tempo.

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