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La Cina “è l’unico Paese che ha l’intenzione di rimodellare l’ordine internazionale e, sempre più, ha il potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per portare avanti questo obiettivo”, scrive Joe Biden nella nuova Strategia di sicurezza nazionale, appena pubblicata. Ogni presidente ha il compito di mettere per iscritto il proprio approccio alle questioni più urgenti e di lungo periodo, e questo documento segue l’Interim National Security Strategic Guidance diffusa nel marzo 2021. Nel frattempo c’è stata l’invasione russa dell’Ucraina, e il regime di Putin torna al centro dei pensieri dell’amministrazione Usa, come un pericolo attuale da “contenere”.

“Gli Stati Uniti non permetteranno alla Russia, o a qualsiasi potenza, di raggiungere i propri obiettivi utilizzando, o minacciando di utilizzare, armi nucleari”, si legge nel documento. Ma, come commenta il New York Times, la frase è isolata, senza alcun chiarimento sul significato di “non permettere” né chiarisce quale potrebbe essere la risposta degli Stati Uniti e della Nato nel caso di uso di nucleari tattiche da parte di Mosca.

La Strategia delinea il modo in cui “promuovere i propri interessi vitali e perseguire un mondo libero, aperto, prospero e sicuro”, facendo “leva su tutti gli elementi del nostro potere nazionale per superare i nostri concorrenti strategici, affrontare le sfide comuni e definire le regole del gioco. La strategia è radicata nei nostri interessi nazionali: proteggere la sicurezza del popolo americano, espandere le opportunità economiche e realizzare e difendere i valori democratici alla base dello stile di vita americano”.

Cooperazione nell’era della competizione. Meno globalizzazione e più investimenti “at home”

Ovviamente il rivale numero uno resta la Cina, con cui gli Usa “saranno effettivamente in competizione. Ma eviteremo la tentazione di vedere il mondo solo attraverso una lente competitiva e ci impegneremo con i Paesi alle loro condizioni”. I punti su cui trovare convergenze e costruire coalizioni, anche con Pechino, sono cambiamenti climatici, sicurezza alimentare, pandemie e inflazione. Ma su altri settori, tra tutti quello tecnologico, Washington ha preso una nuova strada fatta di friend-shoring e mano pesante sulle politiche industriali, “investimenti pubblici strategici nella nostra forza lavoro, nelle catene di approvvigionamento, soprattutto nelle tecnologie critiche ed emergenti”. Il regno di Xi Jinping, che si appresta a incassare il terzo mandato, non potrà più scorrazzare nell’economia e nella sicurezza americana, come in alcuni casi è accaduto finora. Meno globalizzazione, più investing at home, cosa che lo avvicina all’idea trumpiana di uno sviluppo economico più “autarchico”.

Democrazie vs autocrazie

Alleati e partner dell’Indo-Pacifico e in Europa, invece, dovranno rafforzare il “tessuto connettivo in materia di tecnologia, commercio e sicurezza” che li lega agli Stati Uniti, “perché riconosciamo che si rafforzano a vicenda e che i destini delle due regioni sono intrecciati”. A questo fine, Biden sta “definendo nuovi accordi economici” e “definendo regole per livellare il campo da gioco e consentire ai lavoratori e alle imprese americane e a quelle dei partner e degli alleati in tutto il mondo di prosperare”.

Nel documento si ribalta il luogo comune: l’autocrazia è fondamentalmente fragile, mentre la democrazia “sa correggere in modo trasparente la propria rotta” verso resilienza e progresso. Non è wishful thinking: il modello cinese, fatto di autoritarismo, ordine ed efficienza, è stato ammirato da molti fin nei primi mesi della pandemia da Covid-19. Ma in questi due anni ha mostrato tutte le sue debolezze: i lockdown brutali; lo zero-Covid che ha costretto lo stesso Xi a non lasciare il Paese per oltre mille giorni; l’implosione del settore immobiliare sotto una montagna di debiti e appartamenti invenduti; un'”amicizia senza limiti” con la Russia che sta creando non pochi imbarazzi al regime.

La tenuta democratica interna alla base della politica estera

Il 6 gennaio è un trauma non dimenticato: la Strategia di Biden cancella le distinzioni tra politica interna ed estera: la forza degli Stati Uniti deriverà dalla riaffermazione delle tradizioni democratiche della nazione. In effetti è difficile porre la questione Democrazie vs. Autocrazie o definire “un’agenda affermativa” che punta a far progredire la pace e sicurezza nel mondo se il proprio ordinamento è messo in crisi da movimenti che puntano a minare il meccanismo democratico non riconoscendo i risultati elettorali o la legittimità dell’avversario politico. Non può mancare un riferimento alle interferenze straniere nelle elezioni, che “non saranno tollerate”.

Un esercito americano potente

Notevole anche il riferimento a “un esercito americano potente”, in grado di far progredire e salvaguardare gli interessi nazionali “sostenendo la diplomazia, affrontando le aggressioni, scoraggiando i conflitti, proiettando la forza e proteggendo il popolo americano e i suoi interessi economici”. Biden spinge per la modernizzazione delle forze armate, “perseguendo tecnologie avanzate e investendo nella nostra forza lavoro” (di nuovo la nostra forza lavoro, ndr) “nel settore della difesa per posizionare al meglio l’America per difendere la nostra patria, i nostri alleati, partner e interessi all’estero e i nostri valori in tutto il mondo”.

Superare la Cina, contenere la Russia. La nuova Strategia di sicurezza nazionale di Biden

Pubblicato il documento che stabilisce gli obiettivi strategici degli Usa. La Russia un pericolo attuale da contenere, al quale non sarà permesso di usare le armi nucleari. Ma il primo pensiero resta la Cina, che ha tutti i numeri per “rimodellare l’ordine internazionale” secondo uno schema autoritario. Con Pechino si può collaborare su clima, pandemie, inflazione. Ma su tecnologie e difesa, gli Usa guardano in casa, all’Europa e all’Indo-Pacifico

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