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Era da gennaio del 2020 che i big del mondo non si riunivano a Davos per il Forum economico mondiale. Ma con la situazione sanitaria sotto controllo l’evento riparte quest’anno, l’edizione del 2023 inizia oggi 16 gennaio e si concluderà il 20 gennaio.

Circa 2.700 leader internazionali sono attesi nella località svizzera, tra loco il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, una sessantina di ministri delle Finanze e decine di banchieri centrali. Tante le misure di sicurezza e gli appuntamenti.

Parteciperanno anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen; il commissario europeo per il commercio, Valdis Dombrovskis; la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola; il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni; il commissario per il Bilancio, Johannes Hahn; la commissaria per l’Energia, Kadri Simson. L’ultimo giorno, venerdì 20, la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, interverrà ad un panel con il presidente del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgieva.

Saranno presenti anche rappresentanti delle più grandi aziende e banche d’affari, tra cui Amazon, Intel, Goldman Sachs, Jp Morgan e Blackrock.

Quest’anno la presenza della leadership italiana è minore rispetto alle edizioni precedenti. Ha declinato l’invito il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, per altri impegni. L’unico rappresentante istituzionale sarà il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara.

L’agenda sarà fitta di argomenti: cooperazione globale, rischio di recessione e rilancio degli investimenti e attività commerciale. Tra gli appuntamenti imperdibili, secondo gli stessi organizzatori, c’è la Crystal Awards Ceremony, prevista oggi verso le 18:00. In quest’occasione saranno premiate alcune personalità, tra cui l’attore Idris Elba, per il loro impegno nella difesa dell’ambiente, la lotta al cambiamento climatico e la salute mentale e l’educazione.

Domani il panel Philanthropy: A Catalyst for Protecting Our Planet con John Kerry, Ursula von der Leyen, la premier finlandese Sanna Marin e l’intervento del primo ministro spagnolo Pedro Sánchez. Mercoledì 18 gli interventi del leader del governo del Marocco, Aziz Akhannouch, e il cancelliere della Germania, Olaf Scholz, il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, e il presidente della Polonia, Andrzej Duda. Giovedì 19 gennaio l’intervento del presidente della Corea del Sud, Yoon Syk Yeol.

Nonostante la lista di invitati sembri ricca, la composizione è molto diversa rispetto agli anni precedenti, come fa notare l’agenzia Bloomberg: “Lo sconvolgimento globale ha rimodellato le fortune e spostato i centri di potere tra guerre, malattie e inflazione in aumento”.

I grandi assenti del Forum economico mondiale sono i magnati russi, che in passato erano quasi protagonisti. “La guerra in Ucraina e l’ostracismo della Russia da parte dell’Occidente hanno effettivamente bandito gli oligarchi dalla conferenza annuale delle élite capitaliste”, si legge su Bloomberg.

Non c’è traccia nemmeno dei cinesi, impegnati tra il picco di contagi del Covid e un mercato azionario che ha bruciato circa 224 miliardi di dollari nel 2022. Pochi i miliardari europei: si sono registrati solo in 18.

A riempire il vuoto sono stati i miliardari provenienti dal Golfo, una regione che ha beneficiato per dei prezzi del petrolio, e gli indiani, con 13 presenze. “Gli americani, come al solito, formano il gruppo più numeroso – scrive Bloomberg -, con 33 miliardari pronti a partecipare”.

Santiago Carbó, direttore studi finanziari del think tank Funcas, crede che il Forum di Davos abbia perso interesse con il tempo: “Molta gente lo vede come un centro elitista in una località sciistica della Svizzera, ma serve per arrivare ad accordi, consensi e condividere visioni”.

In una conversazione con la pubblicazione Cinco dias, Carbó spiega che però il modello ha perso validità anche perché ci sono molti canali più moderni per le nuove generazioni che non sono sfruttati”. L’evento non si posizione in maniera efficace nella vita delle persone comuni: “Il Forum è attraente soprattutto per le grandi imprese le banche. Le piccole e medie imprese sono già scomparse da questo tipo di eventi perché non trovano soluzioni lì. Sono le realtà transnazionali, che dipendono dal cambio di valuta e dalle imposizioni delle tasse internazionali, quelle che si preoccupano per le riunioni a Davos”.

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