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Tre crisi, economica, demografica ed energetica, impattano la nostra economia e società. Come disarticolarle? E come tutto ciò si concilia con i mercati finanziari? Infine, il Pnrr. Con le sue criticità ad oggi sottaciute. A pochi giorni dalle elezioni, Domenico Lombardi, economista riconosciuto a livello internazionale, ex membro del board dell’Fmi ed ex senior scholar della Brookings Institution, parla al futuro governo e avverte: “I primi giorni del nuovo esecutivo saranno cruciali poiché ne tratteggeranno la postura agli occhi degli osservatori e degli analisti, tanto in Italia quanto all’estero”.

Caro bollette, inflazione, deterioramento del quadro congiunturale e crescente incertezza sulle prospettive. A suo avviso quali sono le priorità su cui il nuovo governo dovrà lavorare?

Per la prima volta nella storia recente, il governo che emergerà dalle elezioni di domenica prossima, di qualsiasi colore, dovrà affrontare uno scenario economico inedito in cui si avviluppano tre crisi. Quella economica documentata dal progressivo e uniforme deterioramento, sia nel tempo che rispetto alla media europea, delle variabili macroeconomiche, fiscali e socio-economiche. La crisi demografica che si riflette in un nuovo minimo storico di nati raggiunto nello scorso anno e nel calo della popolazione residente con due milioni in meno di abitanti rispetto al 2015, quando si é toccato il massimo storico di 61 milioni. Infine, la crisi energetica. Ecco l’emergenza delle emergenze è di evitare che queste tre dinamiche avverse interagiscano rafforzandosi a vicenda, come è accaduto sinora.

A cosa si riferisce?

I governi che si sono succeduti nell’ultimo decennio hanno permesso che le dinamiche strutturali dietro questa triplice crisi si alimentassero indisturbate. Il risultato, oggi, è la forza dirompente con cui sta impattando la nostra economia e la nostra società. Per disarticolare questa crisi a tre punte occorre puntare su una strategia che non venga assorbita interamente dalla logica emergenziale come è accaduto sino ad ora. Occorre, invece, coniugare con maggiore risolutezza provvedimenti emergenziali con interventi di carattere più strutturale.

Capisco il punto in linea generale, ma come lo espliciterebbe nel concreto?

In ambito macroeconomico, per esempio, si tratta di intervenire con segnali particolarmente mirati, tramite l’alleggerimento del carico fiscale e burocratico, a chi, come lavoratore oppure come imprenditore, contribuisce a generare il pil da cui, poi, dipende il finanziamento della spesa pubblica.

In quello energetico, per esempio, conciliando interventi di emergenza con misure strutturali come il disaccoppiamento tra prezzo del gas e della produzione di energia elettrica, da un lato, e, dall’altro, la diversificazione strutturale, non solo geografica, del mix energetico. La priorità delle priorità deve essere, in questo campo, assicurare una fornitura energetica stabile e competitiva alle famiglie e alle imprese italiane.

Ma come si concilia con i mercati finanziari che hanno il faro già puntato sull’Italia?

È questo il punto che va adeguatamente gestito. Questa strategia bifronte stabilizzerebbe le aspettative perché funzionale alla crescita. I primi giorni del nuovo esecutivo saranno cruciali poiché ne tratteggeranno la postura agli occhi degli osservatori e degli analisti, tanto in Italia quanto all’estero. Quindi sarà necessario emanare, in tempi particolarmente serrati, una serie corposa di provvedimenti orientati alla crescita, anche ad attuazione differita e con adeguata copertura.

Insomma, proprio perché, come dice lei, i fari sono puntati , occorre lavorare molto sulle aspettative. Questo lo si fa prospettando soluzioni concrete, stilando agende e cronoprogrammi e ingaggiando operatori di mercato e partner. In questo quadro, il Pnrr va valorizzato nei fatti oltre che nella retorica e nelle slide.

Appunto, il Pnrr. Nel caso ci fosse un governo sostenuto dalla coalizione di centrodestra, come ritiene si porrà rispetto al Pnrr?

Il Pnrr è centrale per il futuro del Paese poiché fornisce un impulso decisivo per la sua strategia di crescita. Proprio per questo, il nuovo esecutivo, di qualsiasi maggioranza, dovrà confrontarsi con tre criticità ad oggi sottaciute nel dibattito, anche se con qualche rilevante eccezione.

Sinora, i progetti finanziati sono quelli che erano già nella “pipeline”, quindi non addizionali. Questa non è una questione meramente semantica poiché l’aumento del tasso di crescita potenziale richiede che, invece, si finanzino il più possibile progetti addizionali. Eppure, nonostante questo, nel 2021 si rileva che solo una frazione dei finanziamenti originariamente previsti per i vari progetti sono stati effettivamente spesi. In altre parole il finanziamento degli investimenti sta procedendo a rilento. Infine, secondo l’Ance, la maggior parte dei progetti previsti dal Pnrr è corredata solo da una valutazione preliminare di fattibilità, il che è segnaletica di probabili, ulteriori futuri ritardi nella loro esecuzione – ritardi che il nuovo governo, però, non potrà permettersi.

Infine, l’aggiornamento del Pnrr. Nel mondo, qualsiasi piano pluriennale di investimenti viene aggiornato con una frequenza regolare. Non capisco perché, nel caso del Pnrr, questo susciti controversie, chiaramente strumentali. Il governo Draghi riscrisse e finalizzò la bozza del Piano in pochissime settimane. Quanto ci vorrà per aggiornarlo rispetto ad alcune parti? È ovvio che occorre farlo cooperativamente con la Ue che ne è il principale finanziatore.

C’è molta attesa nelle capitali europee ed internazionali sull’esito elettorale e le implicazioni che ne deriveranno per il futuro governo. In Germania, proprio l’altro giorno l’Spd ha avuto parole molto critiche per Giorgia Meloni…

Riguardo l’Spd, da cittadino italiano credo che la sortita sia stata particolarmente infelice e semplicemente testimonia lo scarso rispetto verso l’Italia e i nostri processi democratici.

Al di là di queste esternazioni, quello mi preoccupa assai di più è la situazione economica della Germania. I pilastri che hanno sospinto la straordinaria crescita della manifattura tedesca si sono sgretolati, tutti, nel giro di poco tempo: il libero commercio internazionale; l’ambiguità che avevano ritagliato per la Ue, leale politicamente agli Usa e alla Nato, ma libera di commerciare con chiunque con i medesimi termini di scambio – anche con le autocrazie, i paesi più inquinanti e quelli meno tutelanti per i lavoratori; infine, l’accesso competitivo a fonti energetiche, per lo più russe, che la Germania si era, nel tempo, costruita.

I dati congiunturali dell’economia tedesca che stiamo osservando celano, pertanto, anche una componente strutturale, che comprimerà il suo slancio per il prossimo futuro. Ecco, immagino sia questa la loro maggior preoccupazione che deve essere anche una nostra, essendo la Germania uno dei nostri principali partner commerciali e industriali con cui condividiamo la comune casa europea.

 

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