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La corruzione al Parlamento europeo non può meravigliare coloro che sono impegnati seriamente per combattere un fenomeno che periodicamente investe l’opinione pubblica. Le inchieste giudiziarie che riguardano politici e collaboratori disonesti ci sono sempre state e sempre ce ne saranno se è vero, com’è vero, che comportamenti corrotti si registrano sin dall’antichità. Il fatto che siano stati trovati con le mani nella marmellata vertici delle istituzioni comunitarie permette di fare alcune riflessioni su un fenomeno che in Italia è regolato dalla Legge Severino del 2012 senza che vi siano stati seri progressi per arginarlo.

La percezione della corruzione

Personalmente ritengo che la classe politica sia prevalentemente composta da persone oneste, competenti e responsabili che non hanno nulla a che fare con una gestione spregiudicata delle funzioni pubbliche. Tuttavia c’è una seria responsabilità di tutta la politica nel consentire queste eccezioni che, portate all’attenzione dei cittadini dai media, appaiono essere la regola di condotta. I partiti non sono affatto parti lese, ma sono responsabili per non avere misure di controllo e due diligence dei propri esponenti. La reputazione del decisore politico è macchiata da queste inchieste e dalle condanne che sono spesso molto meno delle indagini. I candidati (così si indicano coloro che, senza macchia (di qui il termine),  vorrebbero svolgere un ruolo politico) sono sottoposti in Italia ad una verifica – peraltro non vincolante  – della commissione parlamentare antimafia, come se l’organizzazione criminale sia l’unico modo per gestire illecitamente il potere politico. Anche questa analisi preventiva dei curricula rientra in una percezione che si vuole dare della corruzione così invasiva che merita di essere sottoposto ad un controllo di moralità, come se gli elettori non fossero in grado di scegliere in autonomia. Vale la pena ricordare che quando anche fosse eletto un personaggio non integro sarebbe semplicemente lo specchio dell’elettorato e della società che va a rappresentare. Piuttosto che fare le pulci ai curricula, generando dubbi talvolta su persone che sono soltanto indagate (violando così la presunzione d’innocenza), sarebbe opportuno lavorare per  realizzare una cultura dell’integrità nella comunità.

Il sistema di prevenzione della corruzione in Italia

È enorme lo sforzo realizzato negli ultimi dieci anni che ha portato l’Italia a risalire la classifica di Transparency International, più volte indicata dall’Autorità Nazionale Anticorruzione come cartina di tornasole dei progressi ottenuti. Eppure non sembra che il fenomeno sia stato arginato né dalla Legge Severino (2012) né decreto sul Whistleblowing (2017) né dalla Legge Spazza Corrotti (2019). Il contesto normativo ha posto numerosi adempimenti (piani, relazioni, dichiarazioni, obblighi di comunicazione o pubblicazione, controlli, etc.) che hanno appesantito le pubbliche amministrazioni. Sono circa tre milioni e mezzo coloro che lavorano nel settore pubblico e che trovano tutte queste misure in larga parte inefficaci. Apparirà semplicistico, tuttavia basterebbe riportare senso di appartenenza nelle istituzioni. Bisogna rendere orgogliosi i dipendenti pubblici di servire la collettività nella propria amministrazione. Occorre valorizzare l’integrità ed il merito piuttosto che minacciare di sanzionare un esercito di colletti bianchi sul quale viene gettato fango ogni volta che uno di loro sbaglia o semplicemente si sospetta che abbia sbagliato.

Una seria proposta anticorruzione

Nonostante la legge Severino abbia introdotto il traffico per influenze illecite, peraltro una specie di reato di fatto già sanzionato dall’ordinamento penale anche senza la formulazione della norma del 2012, non sembra che la politica sia consapevole del ruolo che investe nel contrasto alla corruzione. Come detto il legislatore ha trasferito le misure di lotta alla corruzione a carico dei dirigenti e dei dipendenti pubblici, quando in realtà lo sdegno e la preoccupazione dei cittadini riguarda il comportamento dei politici. È sufficiente ricordare che la legge Severino viene adottata a distanza di pochi mesi e sull’onda dello scandalo della distrazione dei contributi per i gruppi consiliari alla Regione Lazio che portò alle dimissioni di Renata Polverini. Una seria proposta anticorruzione deve riguardare la classe politica e deve essere volta a garantire sempre più integrità. Tempo fa ho redatto una proposta di legge sul tema. La cultura dell’integrità e della trasparenza si può affermare soltanto se vi è il coinvolgimento degli organi politici i cui rappresentanti raramente partecipano ad incontri sul tema (seminari e corsi obbligatori per i dipendenti) ed appaiono poco sensibili alla diffusione delle buone pratiche di prevenzione della corruzione. La proposta intende favorire tale cultura attraverso il necessario impegno dei titolari di incarichi politici i quali, similmente a quanto avviene per i professionisti, devono dimostrare di avere la competenze necessaria per svolgere il proprio mandato, ivi inclusa la deontologia che si può acquisire anche attraverso attività di formazione specifica in materia di integrità e di prevenzione della corruzione.

La formazione obbligatoria dei politici su integrità ed etica

Consapevoli che un seminario non sia sufficiente per superare la cd. cultura dell’adempimento, è evidente che un semplice attestato di partecipazione non è indice del livello di formazione acquisito. Pertanto la proposta prevede una verifica finale alla quale sarà data ampia visibilità attraverso il sito web dell’amministrazione e, per gli enti locali e le regioni, la pubblicazione nell’anagrafe degli amministratori. Sempre al fine di evitare che l’attività formativa sia considerata un mero adempimento e venga data scarsa attenzione alle migliori pratiche individuate dall’Autorità Nazionale Anticorruzione per favorire l’integrità e la trasparenza (in primis, il piano triennale di prevenzione della corruzione e della trasparenza), la proposta prevede la sanzione della sospensione dall’incarico in caso di mancata partecipazione all’attività di formazione. Si tratta di una sanzione forte ma necessaria per riportare l’etica pubblica al centro della politica e ricostruire un clima di fiducia con i cittadini.

 

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