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Dopo le imponenti esercitazioni militari di Pechino a seguito della visita di Nancy Pelosi a Taiwan, è il turno di Nuova Delhi e Tokyo di far sentire la propria voce. I ministri degli Esteri e della Difesa di Giappone e India hanno raggiunto un accordo per organizzare al più presto un’esercitazione congiunta. L’esercitazione, in realtà già prevista per il 2020, poi rinviata a causa della pandemia da Covid-19, sarà la prima condotta con mezzi aerei dei due Paesi.

L’operazione si inserisce nel contesto sempre più caldo dell’Indo-Pacifico. Sia India che Giappone temono l’assertività cinese nell’area e invocano con forza lo stato di diritto sulla regione, esprimendo opposizione a qualsiasi tentativo unilaterale di alterarne lo status quo. Riveste cruciale importanza in questo senso l’organizzazione securitaria multilaterale del Quad, a trazione statunitense, che riunisce India, Giappone, Australia e Stati Uniti. Come riporta Kyodo News, l’incontro precede un possibile vertice tra il primo ministro giapponese Fumio Kishida e il suo omologo indiano Narendra Modi alla fine del mese.

In seguito alla visita di Pelosi, il Giappone ha visto cadere i missili cinesi nella propria zona economica esclusiva, nel Mar Cinese Orientale e non può restare a guardare. Come ha dichiarato il ministro degli Esteri Hayashi: “I recenti atti militari della Cina sono un serio problema per la sicurezza del Giappone, e potrebbero avere gravi ripercussioni sulla pace e la stabilità internazionale”. Nella dichiarazione si legge che il Giappone “esaminerà tutte le opzioni” per rafforzare la propria difesa, come l’acquisizione di “capacità di contrattacco”, e aumenterà in modo sostanziale la spesa per la difesa. Il governo di Kishida aveva recentemente annunciato l’obiettivo di raddoppiare la spesa per la difesa, portandola al 2% del Pil nei prossimi cinque anni.

Nel frattempo l’India pesa i piatti della bilancia. Le relazioni con la Cina non sono mai state ben ricucite dopo il conflitto di confine nell’Himalaya del 2020, quando negli scontri rimasero uccisi venti soldati indiani. Proprio sulle zone di frontiera indiane si stanno costruendo strutture di sorveglianza e infrastrutture militari che non fanno pensare a uno smorzamento dei toni. Dall’altra parte vi è l’amichevole relazione con Mosca, con cui Nuova Delhi ha partecipato a una esercitazione militare nell’est della Russia questa estate. Inoltre l’India si è astenuta dall’aderire alle sanzioni internazionali a seguito della guerra in ucraina. Insomma, dal punto di vista di Nuova Delhi occorre utilizzare la leva russa e quella americana contro Pechino, operazione non semplice date le relazioni tra Washington e Mosca nel post-invasione dell’Ucraina.

E’ forse il momento per Nuova Delhi di approfondire il legame con Taipei? Attualmente le relazioni sono deboli. Ci sono stati tentativi di aumentare l’impegno commerciale e industriale, soprattutto nel campo del potenziamento delle catene del valore. Ma il desiderio di non rompere totalmente con Pechino ha portato al fermo tutte queste iniziative, soprattutto in concomitanza con l’aumento delle tensioni di confine nella regione del Ladakh.

Dal canto suo, Pechino spera che l’India torni a “lavorare insieme in tempi brevinelle parole del ministro degli Esteri Wang Yi. Ma i dialoghi tra le due parti non sono andati molto lontano dopo le ripetute violazioni cinesi della Line of Actual Control (LAC) nel 2020. Le frizioni si erano calmate, ma restano ancora diversi nodi da sciogliere nelle zone di Hot Springs, Demchok e Depsang.

La frangia più anti-cinese a Nuova Delhi preme perché il governo riconsideri la politica dello status quo nel Mar Cinese Meridionale per assumere una postura più aggressiva, e perché si prosegua l’allineamento dell’agenda di politica estera indiana a quella del Quad. Insomma, le frizioni tra Cina e India non sembrano placarsi e nel migliore dei casi resteranno congelate fino a nuove mosse cinesi nell’area.

(Foto: profilo Twitter del ministero della difesa giapponese – https://twitter.com/modjapan_en)

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