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Volendo trarre insegnamento dalla storia, gli ultimi due anni hanno rappresentato la prova più difficile per il settore farmaceutico italiano. Nulla è stato più violento e improvviso della grande pandemia, una spallata a un’industria che vale oltre 34 miliardi di euro di produzione che però ha avuto i suoi risvolti positivi, se così si può dire. Creando, per esempio, nuove consapevolezze, nuove basi e nuovi orizzonti per le imprese farmaceutiche. Perché, se c’è una lezione che l’industria del farmaco ha potuto trarre da oltre 24 mesi di lotta al Covid è proprio questa: il mondo è cambiato per sempre e con esso il concetto di salute, innovazione e dunque prevenzione.

Non è un caso che il filo conduttore della prima relazione di Marcello Cattani (qui la photogallery), oggi ai vertici della francese Sanofi, succeduto dopo 11 anni di presidenza a Massimo Scaccabarozzi il manager con la passione del rock ai vertici di Farmindustria, sia stata la speranza. Da mettere subito in rima con un altro termine non tanto di effetto quanto di sostanza: sviluppo. Parole che hanno peraltro incontrato la sponda del governo, rappresentato per l’occasione dal ministro dello Sviluppo, Giancarlo Giorgetti, dal titolare della Salute, Roberto Speranza e anche di Nicola Zingaretti, governatore del Lazio.

UNA MARCIA SENZA SOSTA

Il punto di partenza non potevano non essere i numeri, risuonati nella grande sala dell’Auditorium della Conciliazione, a poche decine di metri da San Pietro. Cifre che raccontano la crescita di un’industria, innescata da un’emergenza sanitaria non ancora finita. Partendo dall’occupazione, negli ultimi 5 anni è cresciuta in totale del 9%, con un picco del +13% sia dei giovani under 35 sia delle donne. Le risorse umane, per dirla con le parole dello stesso Cattani, “sono il fiore all’occhiello dell’industria farmaceutica nel Paese”. Ovvero, 67mila gli addetti totali delle aziende del farmaco, di cui 6.770 in R&S. Laureati e diplomati rappresentano il 90% degli occupati, rispetto al 63% della media dell’industria.

Capitolo investimenti, dove è stata registrata una crescita nel 2021 pari a 3,1 miliardi di euro, 1,7 in R&S e 1,4 in produzione. In particolare, nella R&S l’aumento negli ultimi cinque anni è stato quasi del 15%. Non è finita. La produzione ha fatto segnare un aumento dell’8%, nei primi 4 mesi dell’anno integralmente grazie alla crescita dell’export (+32%). In sostanza, l’Italia del farmaco, anche se con un rallentamento della crescita tra il 2019 e il 2021, si conferma nel 2021 ai vertici per produzione in Ue, con 34,4 miliardi di euro, insieme a Germania e Francia, grazie a un export che ne ha determinato oltre l’85% negli ultimi 5 anni.

FARMACI UGUALE SPERANZA

Se i numeri cementano nella storia lo sforzo dell’industria farmaceutica, ora c’è da scrivere un nuovo futuro, sulla base dell’esperienza pandemica. E da questo è partito il ragionamento di Cattani. “Siamo fieri di aver visto ripartire l’Orologio della Vita, perché è la prova tangibile di come investimenti, ricerca e innovazione nel settore farmaceutico rappresentino speranza e sviluppo per il futuro. Un successo del nostro modello di filiera, dalla R&S alla produzione e distribuzione”, ha esordito.

“Un modello che ha funzionato perfettamente interconnettendosi con quello sviluppato durante l’emergenza pandemica grazie all’impegno comune delle autorità e degli operatori sanitari e delle imprese. Accelerazione, nuove risorse e flessibilità dei processi autorizzativi sono state le leve per vincere questa sfida. Nulla di nuovo da inventare ma un modello virtuoso da rendere strutturale”. Il numero uno di Farmindustria, ha poi stretto il fuoco proprio sulla pandemia. Rivendicando come “questo approccio ha portato in 12 mesi a rispondere a una malattia sconosciuta con 13 miliardi di dosi di vaccino prodotte nel mondo – con più di 200 collaborazioni tra aziende e centri di ricerca pubblici – e farmaci efficaci nel bloccare la malattia. Oggi due terzi della popolazione mondiale ha avuto almeno una dose. E in Italia ha consentito di procedere con un’ottima campagna vaccinale, rafforzando così il nostro ruolo di hub di ricerca e produzione per vaccini e terapie contro il Covid-19”.

LO SPETTRO DELL’INFLAZIONE

Attenzione, un’industria seppur innovativa e vincente è sempre un’industria, fatta di costi e ricavi. E le imprese del farmaco non fanno eccezione. Dopo la pandemia è arrivata la guerra e con essa un’ondata inflattiva senza precedenti. E siccome produrre costa, il neo-presidente Cattani non poteva mancare un passaggio sull’esplosione dei prezzi legati all’energia, che nel settore farmaceutico fa rima con logistica.

Per il settore farmaceutico “i costi di energia e logistica hanno avuto un incremento del 350% tra gennaio 2021 e marzo 2022. Così come (+25%), nello stesso periodo lo hanno avuto quelli di: principi attivi, eccipienti, filtri e ghiere, prodotti della carta, della plastica e del vetro, macchinari, guanti e camici”, ha ammonito Cattani. Aumenti di costo che “le imprese non possono trasferire, nemmeno in parte, sui prezzi, che sono amministrati. Questo determina difficoltà rilevanti alle aziende anche perché l’incidenza degli aumenti è molto superiore in Italia rispetto a Francia e Germania. Un gap che ci penalizza in un contesto di competizione globale sempre più affollata di Paesi europei ed extraeuropei”.

TRA SALUTE E SICUREZZA (NAZIONALE)

In una giornata fatta di binomi, anche il governo ha voluto fare i suoi paragoni. Come quello sottolineato dal ministro Giorgetti, per il quale “tutto il governo è pienamente consapevole del ruolo dell’industria farmaceutica in Italia e, più in generale in Europa. Un’industria che ha un ruolo fondamentale nell’economia italiana, non solo come settore industriale, ma più in generale come elemento di sicurezza nazionale in termine di salute dei cittadini”. Poi, una proposta, in chiave semplificazione.

Ovvero, l’apertura di una riflessione globale tra le istituzioni e le imprese in Italia “per definire una revisione del sistema di regolamentazione e di finanziamento della domanda pubblica di prodotti farmaceutici e delle norme per la loro commercializzazione e la fissazione dei prezzi, al fine di rendere compatibili tra loro l’attrazione di investimenti con la sostenibilità del sistema sanitario nazionale”.

 

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