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Durante l’incontro tra il presidente cinse Xi Jinping e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, i due leader hanno condannato le minacce di utilizzo di armi atomiche in Ucraina. “Il Presidente Xi ed io crediamo che le minacce nucleari siano irresponsabili e pericolose. Utilizzando armi atomiche la Russia varcherebbe una linea rossa posta dalla comunità internazionale”.  Così il Cancelliere, che ha chiesto che Xi intervenga per spingere la Russia a porre fine alla guerra, nella prima visita in Cina di un leader del G7 dalla pandemia.

Dunque uno dei risultati del viaggio a Pechino sarebbe quello di avere spinto la Repubblica Popolare a convincere la Russia ad ammorbidire i toni?

In un editoriale pubblicato dal Financial Times, il colonnello cinese Zhou Bo propone una serie di ragionamenti proprio su questo, su come la Cina possa essere la parte conciliatrice per scongiurare l’utilizzo di armi nucleari da parte della Russia in Ucraina. Gli assunti fondamentali del suo pensiero sono tre. L’idea secondo cui Pechino eserciti su Mosca una forte influenza; l’importanza dell’affermare che non sia possibile vincere uno scontro nucleare; il ruolo dell’Europa nella competizione Cina-Stati Uniti, e l’idea che le relazioni russo-cinesi siano già viste come elemento negativo dai Paesi europei.

Tuttavia, l’esperto del German Marshall Fund, Andrew Small, ha evidenziato in una serie di tweet come questa narrativa possa in realtà  segnalare che la Repubblica Popolare abbia semplicemente trovato un modo di volgere a proprio vantaggio le minacce nucleari della Russia. L’analista sostiene che, in privato, gli esperti cinesi dicano che la Repubblica Popolare non possieda particolari leve negoziali nei confronti della Federazione Russa. Quindi se Mosca fosse realmente determinata nell’utilizzare armi nucleari, Pechino non potrebbe farci nulla.

D’altro canto, prosegue l’esperto, la Cina può sfruttare la narrativa proposta da Zhou per accreditarsi come “potenza responsabile” per il semplice fatto di affermare pubblicamente che la guerra nucleare è brutta. L’asticella del dibattito si sarebbe abbassata così tanto da poter considerare questi slogan come dei successi.

La Repubblica Popolare ha potuto beneficiare per lunghi anni dell’ambiguità delle relazioni con la Russia, probabilmente dissipando parte di questi benefici con la dichiarazione di “amicizia senza limiti” di inizio anno, e con l’atteggiamento vago riguardo la gestione della guerra. In questo senso, probabilmente vedremo tornare in auge la linea “la Cina non è la Russia”.

Ulteriore punto interessante è che l’editoriale di Zhou ricorda che la Cina è “la più stabile tra le potenze nucleari” a causa della sua no first strike policy che appunto non prevede di utilizzare armi atomiche per primi, a differenza delle dottrine nucleari di altri Paesi.

Andrew Small ha fatto notare come, in altri articoli pubblicati, il colonnello cinese sia di avviso differente per quanto riguarda Taiwan. Ovvero, se le minacce nucleari russe hanno scoraggiato gli Stati Uniti dall’ingaggiare una guerra in Ucraina, allora Pechino dovrebbe espandere il proprio arsenale non convenzionale e, verosimilmente, rivedere le proprie policies nucleari.

Tra l’altro la Cina potrebbe anche sfruttare questa circostanza per affermare che il potenziamento e lo sviluppo del programma di testate nucleari strategiche sia legato alla reazione statunitense alla guerra in Ucraina, anche se in realtà l’ha preceduta. Tutto ciò, ricorda l’analista, non significa che la Cina voglia che la Russia utilizzi testate nucleari, ma solo che sta cercando di capire come sfruttare le dinamiche attuali.

(Foto da https://www.bundesregierung.de/)

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