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Premessa, il film è di quelli già visti. Era il 15 novembre scorso quando, in occasione della visita in terra americana di Xi Jinping, alcuni dei principali imprenditori e manager statunitensi, Elon Musk e Tim Cook su tutti, furono avvistati al ricevimento tenutosi a San Francisco, proprio in occasione della due giorni del leader cinese negli Usa. Ospitata dal Business Council Usa-Cina e dal Comitato nazionale per le relazioni Usa-Cina, la cena fece seguito al vertice tra Xi e il presidente Joe Biden. Vertice che Biden definì “una delle discussioni più costruttive e produttive che abbiamo avuto”.

Ora il canovaccio si ripete, ma in terra cinese. E forse l’appuntamento arriva in un momento ancora più delicato di quello di quattro mesi fa. L’economia cinese continua la sua fase anemica, intrappolata nelle sabbie mobili della sfiducia da parte dei mercati. E nell’attesa che l’ambizioso piano messo a punto dal governo del Dragone per riportare un po’ di capitali in patria, dia i suoi frutti. Sempre che ne porti. L’elenco dei partecipanti, racconta il Wall street journal, è ancora in fase di compilazione, ma mercoledì con, ogni probabilità, Xi Jinping incontrerà per esempio Stephen Orlins, capo del Comitato nazionale per le relazioni tra Stati Uniti e Cina, Craig Allen, presidente del Business Council Usa-Cina e Evan Greenberg, amministratore delegato del gruppo assicurativo Chubb,

La sessione  di incontri sarà parte integrante del China Development Forum, l’incontro annuale che vuole essere un po’ testa di ponte tra Occidente e Dragone. Perché non sempre la politica viaggia sulle stesse frequenze della finanza, la quale spesso e volentieri porta avanti una propria, personale, diplomazia. Non è certo un caso se alla due giorni cinese prenderanno parte lo stesso Cook, il numero uno di Blackstone Stephen Schwarzman e Laxman Narasimhan di Starbucks, insieme ai massimi dirigenti di Pfizer e Cargil.

Una prova generale di una certa indipendenza della finanza, la si era vista lo scorso giugno, quando dei due più importanti banchieri degli Stati Uniti, Jamie Dimon, numero uno di Jp Morgan e Jane Fraser, al comando di Citigroup si erano recati nel Dragone per un ciclo di incontri. Prima di loro, a marzo, era stato il turno di David Solomon di Goldman Sachs, Noel Quinn di Hsbc e Bill Winters di Standard Chartered. Incontri, spiegava allora Reuters, dettati da un minimo comun denominatore: la volontà di espandersi e istituire nuove joint venture nella seconda economia mondiale. E sarà così anche stavolta?

I ponti della finanza. Così Cina e Usa provano a stringersi (di nuovo) la mano

Tra pochi giorni il China Development Forum riunirà in terra cinese alcuni dei più importanti manager statunitensi. Pechino, d’altronde, ha un disperato bisogno di fiducia. Il precedente di quattro mesi fa in occasione della visita di Xi negli Stati Uniti e il ruolo di sminatori di Citi e Jp Morgan

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Dopo che per decenni il Polo Sud è stato teatro di una proficua cooperazione interstatale, adesso la situazione sembra evolversi nella direzione opposta. Con i Paesi revisionisti che guidano questa trasformazione

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Di Federico Goya

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