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Non solo Russia. Un’altra puntata della Guerra fredda tecnologica tra Stati Uniti e Cina sta per andare in onda. L’amministrazione di Joe Biden, svela Reuters, ha pronta la bozza di un ordine esecutivo che impedirà ad aziende legate a governi “rivali” di accedere ai dati personali degli americani.

Il provvedimento riguarderà tutta la Pubblica amministrazione ma in particolare due ministeri: il Dipartimento della Giustizia e il Dipartimento per la Sanità. Una volta approvato, l’ordine darà al procuratore generale e segretario alla Giustizia Merrick Garland l’autorità di rivedere e potenzialmente mettere al bando transazioni commerciali che includono la vendita di dati se “pongono un rischio non idoneo alla sicurezza nazionale”.

Sul fronte sanitario, al decreto dovrà seguire una norma del Dipartimento della Sanità per “assicurare che l’assistenza federale, come fondi e premi” non finisca nelle mani di “entità possedute, controllate o soggette alla giurisdizione o alla direzione di avversari stranieri” sostenendo lo scambio di “dati biologici o sulla salute di cittadini americani”.

Una ghigliottina dall’esito imprevedibile ma non imprevista. Da tempo infatti gli 007 americani chiedevano di rafforzare la protezione dei dati personali e limitare il flusso di informazioni verso aziende russe e cinesi. In una nota del Centro di controspionaggio e di sicurezza del 2021 l’intelligence aveva lanciato l’allarme: il governo cinese “vede i dati personali sensibili, inclusi quelli sulla salute e il genoma, come un asset strategico da ottenere e usare per le sue priorità economiche e di sicurezza nazionale”. Alert riecheggiati anche in Italia tra il 2019 e il 2020, quando prima con la firma del memorandum cinese e poi durante la pandemia si è iniziato a parlare di “Via della Seta sanitaria”, ovvero di investimenti di aziende cinesi (partecipate o pubbliche) nelle infrastrutture digitali degli ospedali italiani.

Con il decreto in via di definizione i segretari della Giustizia e della Sanità, Garland e Rachel Levine, potranno affiancare la segretaria al Commercio Gina Raimondo nello screening degli investimenti di aziende “rivali” che hanno per oggetto dati personali americani. Una decisione che prosegue e rafforza il lavoro avviato dall’amministrazione Trump, che nel 2020, sul finire del mandato, ha disposto il bando di app cinesi come TikTok per questioni di sicurezza nazionale, peraltro bloccato da una corte e poi revocato dall’attuale amministrazione.

Ma i nuovi poteri conferiti ai dicasteri della Salute e della Giustizia suonano anche come un parziale commissariamento del Dipartimento del Commercio, negli ultimi anni finito nel mirino di funzionari e congressman con l’accusa di aver rallentato, se non fermato, le transazioni tra aziende americane e cinesi nel settore tech.

Oltre a non aver pubblicato il rapporto conclusivo di due indagini conoscitive, una sull’antivirus russo Kaspersky, che l’amministrazione Biden sarebbe pronta ad escludere e sostituire del tutto dal mercato americano dopo l’invasione russa dell’Ucraina, un’altra sulla cinese Alibaba.

Solo un anno fa un rapporto della Commissione di revisione economica e di sicurezza Stati Uniti-Cina, organo bipartisan del Congresso, lanciava un j’accuse contro il Dipartimento per aver “fallito nell’assumersi le sue responsabilità” nello screening degli investimenti cinesi in settori sensibili e per “un ritardo significativo” nella stesura di una lista di “tecnologie emergenti” da mettere al riparo dallo shopping di Pechino.

L’ordine esecutivo di Biden segnala che a Washington DC l’attenzione per la competizione tech cinese resta altissima anche durante la guerra di Vladimir Putin in Ucraina. E potrebbe non essere l’unica brutta notizia per Pechino: secondo il South China Morning Post sulla scrivania di Biden è pronto un altro decreto che impedirà alle aziende americane di vendere componentistica alle aziende cinesi nel settore dei microchip. Un colpo duro che può far traballare il settore in Cina (e le sue principali aziende, a partire da Smic) dove la pandemia ha innescato una corsa ad accaparrarsi i siti di produzione dei semiconduttori, per gran parte concentrati a Taiwan e nel Sud-Est asiatico.

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